25 Lug PIR: cosa sono, come valutarli, chiarimenti pratici
<br>Corrado Festa (di seguito CF), uno dei collaboratori e consulenti di Aduc, è intervenuto il 16 Giugno scorso nella trasmissione "I vostri soldi" su Class CNBC TV a proposito dei "PIR: cosa sono, come valutarli, chiarimenti pratici" condotto in studio da Claudia Signorile (di seguito CS). Ecco la trascrizione della puntata ed il link per poterla rivedere.
(CS): Inizio con la domanda di rito, che cos’è un PIR, un Piano Individuale di Risparmio, per chi magari si volesse avvicinare per la prima volta dopo aver sentito di questo maxi boom di questo strumento finanziario nel 2017. Esattamente, che cosa è un PIR?
(CF): Dunque, il PIR è un contenitore fiscale, quindi sostanzialmente il Governo Italiano nell’intento di convogliare l’investimento privato verso imprese italiane, soprattutto di piccole e medie dimensioni, ma non solo, dà una possibilità al risparmiatore, che è quella di investire senza subire imposizione fiscale, cioè, senza subire la tassazione sui dividendi o cedole, sui capital gain o di successione, a patto che vengano rispettate alcune condizioni. Le condizioni principali sono: che posso aprire un PIR per persona fisica, posso investire massimo 30.000€ all’anno per 5 anni, quindi posso investire al massimo 150.000€ nell’arco di 5 anni. Di questi 30.000€ che investo ogni anno, almeno il 70% deve essere investito in titoli emessi da società italiane oppure dell’UE aventi stabile organizzazione in Italia. Altro requisito: di questo 70%, il 30% (quindi il 21% del totale) deve essere investito nei titoli di aziende che non appartengano all’indice FTSE MIB, vale a dire devono essere investiti in aziende di medio-piccole dimensioni. Altri requisiti sono: si deve essere residenti in Italia, abbiamo detto bisogna essere persone fisiche, si può aprire solo un PIR per persona fisica, si può aprire anche un PIR per minori. Questi titoli devono rimanere investiti, in ciascun anno, per almeno 8 mesi all’interno dei 12, in aziende che rispondano ai requisiti posti dal legislatore, posti dalla legge.
Chiaro. Tutto chiaro, quali sono i requisiti perché un PIR sia tale e di conseguenza dia il beneficio fiscale? Che poi è quello che è alla base di quello che è un po’ ciò che piace molto ai risparmiatori. Insomma, si legge molto di sgr, di banche che dichiarano che stanno raccogliendo tantissimi soldi con i PIR. Dal vostro osservatorio, ci interessava sentire anche la voce delle associazioni dei consumatori, c’è questa reazione entusiastica dei risparmiatori nei confronti di questo nuovo prodotto? E soprattutto, lo conoscono? Perché un po’ la sensazione, abbiamo fatto anche noi un po’ di sondaggi è che ancora gli italiani sui PIR non fossero particolarmente ferrati.
Sì, l’impressione infatti è, noi riceviamo lettere e riceviamo richieste e l’impressione è che questo interesse sia indotto, cioè sono persone che ci chiedono chiarimenti dopo che ne hanno sentito parlare o più spesso dopo che gli è stato proposto. È chiaro che interessa, perché l’argomento attira, nel senso che si parla di beneficio fiscale, posso investire senza pagare le tasse e quindi l’argomento, immagino questo sia uno dei motivi del successo che sta avendo in questi mesi, è valido, quindi è un argomento che attira. Sono d’accordo che molte volte il meccanismo non è compreso. Vorrei anche dire che temo, ma qui andiamo nell’àmbito delle opinioni personali, che non sia neanche poi compreso bene come valutarlo, perché questo poi diventa per chi deve decidere se acquistarlo o meno, il punto: come decido se voglio acquistarlo o meno? Questo mi sembra sia anche un punto molto importante per il risparmiatore.
Nel nostro piccolo proviamo allora a dare qualche consiglio pratico proprio su questo aspetto, Dottor Festa. A chi sono consigliati i PIR? E a cosa ancora si deve fare attenzione nel momento in cui il consulente finanziario o lo sportellista dovesse proporre ad un telespettatore o ad una telespettatrice di investire sui PIR?
Sì, quindi, abbiamo detto, l’argomento è valido, hanno un beneficio chiaro, quindi risparmio. Qual è il risparmio innanzitutto? Parliamo del beneficio, il beneficio è che non pago le tasse sui dividendi né sui capital gain, che ammontano attualmente al 12,5% sui titoli di stato o il 26% su azioni o obbligazioni aziendali. Cominciamo a fare qualche numero. Vuol dire che mediamente, se io mi aspetto da un prodotto che sia investito principalmente in azioni il 5% all’anno, con tutti i se del caso, di rendimento, vuol dire che io di media ogni anno pago l’1,3% di tasse, quindi il risparmio che io ottengo è l’1,3% all’anno, facciamo dei numeri semplici. Però non vuol dire che necessariamente mi convenga, ecco questo è il punto principale. Il grosso punto cui fare attenzione è che il prodotto può essere valido ed attraente ma io come risparmiatore mi devo sempre chiedere e verificare che il prodotto vada bene all’interno del portafoglio complessivo dei miei risparmi. Quindi non devo limitarmi a dire: il prodotto è un buon prodotto o meno, ha un vantaggio o meno, ma devo pensare: all’interno di tutti i miei risparmi, è giusto, si inserisce bene nel mio portafoglio? E mi riferisco ad un punto concreto, che è quello del rischio di concentrazione. Ora noi tutti abbiamo, la Finanza Comportamentale lo ha messo da tempo in evidenza, un problema, tendiamo sempre ad investire sempre di più nelle cose che sentiamo a noi più vicine. Quindi l’investitore americano investe sui titoli degli Stati Uniti, l’investitore canadese investe sui titoli canadesi, l’investitore italiano tipicamente investe sui titoli italiani. Ma la borsa italiana non è la borsa più grande del mondo, ne rappresenta qualcosa come l’1%, quindi dobbiamo renderci conto che ogni volta che noi facciamo un investimento, soprattutto azionario, sul mercato italiano, stiamo facendo una scelta ben precisa, non è una scelta neutra, dobbiamo renderci conto che stiamo di fatto decidendo di concentrare i nostri investimenti in una certa misura sul mercato italiano. Faccio un esempio molto semplice: mettiamo che io investo i 30.000€ annui su un PIR e facciamo l’ipotesi che in questo PIR ci sia un 70% di quota azionaria, quindi vuol dire che sto investendo 21.000€ sulla borsa italiana. A questo punto io mi devo chiedere: quanto pesano le mie azioni sul portafoglio? Di nuovo, facciamo un’ipotesi base, tanto per far comprendere come bisognerebbe approcciare. Diciamo che io voglio che le mie azioni pesino per il 30% del mio portafoglio e che all’interno di questo 30% di azioni voglio che le azioni italiane siano un terzo del totale delle azioni. Vuol dire che le azioni italiane pesano il 10% del mio portafoglio complessivo. In questo caso, poi ognuno può fare i calcoli che meglio crede, ma io voglio dare un esempio del calcolo. Allora se io in questo caso giungo alla conclusione che le azioni italiane devono pesare il 10% del mio portafoglio, vuol dire che, per investire 30.000€ in un prodotto che ha il 70% di componente azionaria italiana, il mio portafoglio deve essere almeno di 210.000€. Questo è il tipo di valutazione che il risparmiatore dovrebbe fare anche a grandi linee, aggiustandola secondo le sue preferenza. Vale a dire, il prodotto che sto acquistando si inserisce bene nel mio portafoglio? È un prodotto che ha un vantaggio e questo è il primo punto. Ma il secondo è più importante è: questo prodotto va bene nella mia allocazione complessiva, considerando l’insieme dei miei risparmi e come questi risparmi sono investiti?
Mi sembra una osservazione di estremo buon senso, e che conviene dunque al risparmiatore o alla risparmiatrice prendere in seria considerazione. Non farsi magari soltanto ingolosire dal discorso dei benefici fiscali, ma avete sentito il ragionamento del Dottor Festa. Attenzione, bisogna essere particolarmente ricchi prima di allocare tutti i soldi …
… O se no, se non siamo particolarmente ricchi, proviamo a cercare un prodotto con una minore componente azionaria, possiamo essere più prudenti e quindi riusciamo ad investire nel PIR anche se abbiamo una somma minore. Ecco, poi si può giocare su questo. Ecco, io sono d’accordo pienamente con lei se diciamo che bisogna avere una certa disponibilità, perché stiamo parlando di un investimento azionario sulla borsa italiana, quindi un investimento da allocare a modo.
Chiarissimo! Dottor Festa dobbiamo rispondere alle tante richieste dei telespettatori. Cominciamo, per gli ETF, questo è un tema molto caldo tra i telespettatori, è sufficiente comprarli sul mercato per avere i benefici fiscali?
No, non è sufficiente, come qualsiasi altro titolo PIR, fondo, prodotto PIR diciamo, deve essere inserito in un dossier con l’opzione PIR. Cosa vuol dire? Vuol dire che la banca deve offrire un dossier titoli che sia predisposto per gestire tutte le procedure amministrative necessarie ad adempiere all’aspetto fiscale. Quindi attenzione, se io compro un ETF e lo metto nel mio dossier titoli normali, o in un altro fondo che sia anche PIR compliant, ma non lo ha appoggiato ad un dossier PIR, non godo dei benefici fiscali.
Chiarissima risposta del nostro esperto. La risposta è dunque no. Andiamo dal signor … Un po’ polemico, il solito fumo negli occhi, si evidenzia il beneficio fiscale senza dire che chi avesse messo in Italia dal 2000 in poi, avrebbe avuto solo minusvalenze.
Mah, diciamo che da un certo punto di vista se la borsa di recente non è andata bene potrebbe essere anche un motivo per sperare che in futuro vada meglio. Però quello che è vero è che, di nuovo, da un lato c’è il rischio di concentrazione come detto, dall’altro purtroppo è vero che nel lungo termine, storicamente la borsa italiana non è tra quelle che hanno reso meglio, quindi è un aspetto da considerare. Anche senza essere così drastici, perché alla fine l’intento del Governo è comprensibile. Però ecco la borsa italiana va presa con un minimo di attenzione, perché c’è un rischio di concentrazione più, diciamo così, è vero che su periodi di tempo molto lunghi, quindi storicamente, la borsa italiana non ha garantito dei rendimenti medi all’altezza delle borse migliori.
Se si richiedesse di uscire prima dei 5 anni, quali sono gli interessi da pagare? Domanda molto interessante e molto tecnica.
Quindi il punto qual è? Che se si liquida l’investimento prima dei 5 anni, si perdono i benefici fiscali e si devono pagare le imposte e gli interessi, quelli legali peraltro. A me non sembra, è vero che si devono pagare gli interessi, ma non mi sembra che andiamo incontro a grosse esposizioni su questo, perché alla fine gli interessi su quali imposte? Perché se io sto liquidando un fondo, l’imposta la maturo nel momento in cui lo liquido, quindi non c’è pregresso, il pregresso può essere relativo a interessi o cedole, però allora stiamo parlando di un 26% su una cedola di una porzione del portafoglio. Stiamo parlando veramente di somme che al momento sembrano proprio ridotte. Quindi, sì è vero che si devono pagare interessi, ma al momento non vedo un possibile problema relativamente a questo aspetto.
Andiamo avanti allora … Il passaggio delle quote da un dossier non PIR ad un dossier PIR dedicato al PIR ha rilevanza fiscale?
Sì, ha rilevanza fiscale per quello che abbiamo detto prima, perché nel momento in cui … Facciamo l’esempio di prima: ho comprato un fondo di investimento PIR e lo appoggio dapprima su un dossier non PIR e lo passo poi ad un dossier PIR. Oppure mi sto creando il mio PIR, ricordiamoci che è anche possibile crearselo da soli il PIR, sempre appoggiandolo ad un dossier PIR. In questo caso potrei avere delle azioni italiane che voglio trasferire nel dossier. Cosa succede? Nel momento in cui io le passo al dossier PIR, questo momento ha rilevanza fiscale, quindi da quel momento scattano i benefici, ma è anche vero che in quel momento vado anche ad avere eventuali plusvalenze maturate o anche interessi maturati, e devo pagare l’imposta fino a quel momento. Quindi praticamente è come un confine, da quel momento scattano i benefici, ma l’imposta su quello che ho maturato fino a quel momento la devo pagare.
Torniamo al tema dei costi. Quali sono i costi annuali dei PIR? Insomma, una domanda un po’ generica, ci sono tantissimi prodotti …
Sì, ci sono tantissimi prodotti. Allora, è vero sicuramente, altra cosa che va aggiunta, bisogna certamente fare attenzione ai costi dei PIR, perché abbiamo detto, ho un beneficio fiscale che posso stimare intorno all’1,3% quindi io devo fare attenzione che per comprare questo prodotto, per avere questo prodotto, io non sostenga costi di gestione annuali tali da mangiarmi il beneficio. Al momento sono già usciti diversi prodotti. È uscito un ETF, che costa lo 0,50% annuo, sono usciti diversi fondi, che hanno dei costi che vanno come commissioni dallo 0,8% a oltre il 2%. Quindi, il costo è rilevante, io non sto a dare indicazioni precise, però fate un po’ voi i conti, se vado a pagare il 2% annuo di commissioni di gestione …
… Non conviene
Fare sempre molta attenzione ai costi di gestione annui, oltre naturalmente alle commissioni di sottoscrizione, che alcuni prevedono ma faccio presente che si può sempre negoziare e chiedere che non ci vengano applicate.
Questo effettivamente è un consiglio che hanno dato tanti ospiti qui alla nostra trasmissione. Proviamo a rispondere brevemente … I 5 anni partono dalla sottoscrizione o da ogni versamento effettuato? Questo è importante per il discorso che facevamo prima.
Da ogni versamento, quindi, io verso oggi 30.000€ ed il beneficio fiscale relativo ai risultati di questi 30.000€ lo maturerò tra 5 anni. Poi tra un anno verso altri 30.000€ e da lì a 5 anni maturo il beneficio fiscale su quei 30.000€ versati nel secondo anno. Quindi su ciascun versamento devono decorrere 5 anni.
Grazie davvero …
(Il link per chi vuole ascoltare l’intervento: I vostri soldi – Investire con i PIR)
di Corrado Festa
Fonte: http://www.aduc.it