05 Nov La decadenza in tema di riscossione delle imposte
Sono molteplici i ricorsi in Commissione Tributaria aventi ad oggetto la riscossione delle imposte.<br>Occorre ricordare che la materia della riscossione delle imposte presenta diversi profili che il professionista deve necessariamente tenere in considerazione per assistere il contribuente; uno dei più rilevanti riguarda infatti il tema della decadenza.
La decadenza è un vizio che inibisce l’attivazione di un diritto da parte del suo titolare per effetto della mancata attivazione nei termini previsti ex lege: in questo caso, l’emissione della cartella di pagamento manifesta un diritto delle Casse Erariali all’incasso di tributi dovuti dal contribuente, ma la legge impone dei precisi termini affinchè il diritto sia validamente attivabile, il cui mancato rispetto inibisce la pretesa esattiva.
L’esperienza professionale insegna che l’ente della riscossione, affidatario dei ruoli degli enti impositori (Agenzia delle Entrate su tutti), deve rispettare determinate tempistiche previste dalla legge ed a loro volta gli stessi enti impositori hanno termini decadenziali ben definiti.
Sicchè si viene a delineare per il professionista la necessità di conoscere in modo certo ed approfondito le precise tempistiche previste dalla legge al fine di verificare per ogni cartella di pagamento, se, prima ancora che legittima nell’an, la stessa sia legittima dal punto di vista strettamente formale.
L’effetto non è affatto secondario, poiché eccepire in giudizio la tardività dell’azione esattiva permette al contribuente di vedersi annullare un atto, che pure sembrava (e forse era) fondato nell’an.
In altri termini, il contribuente che viene raggiunto da una pretesa impositiva fondata e legittima, in certi casi può vedersi liberato dal peso della stessa, per il solo fatto che l’azione esattiva risulta decaduta.
Come noto, infatti, il necessario passaggio dall’ente accertatore a Equitalia è disciplinata da un sistema di leggi non armonico, la cui ricostruzione risulta necessaria per comprendere se e quando la pretesa Erariale risulti fondata: infatti, l’azione accertativa viene disciplinata dal D.P.R. n. 600/1973, ed ogni tipo di accertamento ha termini decadenziali diversi (e spesso rivisti e corretti), mentre per l’azione riscossiva bisogna far riferimento al D.P.R. n. 602/1973, che espone i termini previsti per la sola azione esattiva.
Le due discipline devono necessariamente essere armonizzate fra loro dall’interprete che, nel momento di ricezione dell’atto impositivo, deve dapprima verificare se l’azione accertativa era legittima sotto il profilo procedurale, per poi verificare se l’azione dell’ente per la riscossione risulta attivata nei termini stabiliti dal D.P.R. n. 602/1973.
Questo risulta vieppiù necessario quando a monte manchi la notifica dell’atto di accertamento, o quando questo presenti le forme di un avviso non impugnabile (gli accertamenti automatici disciplinati dagli artt. 36-bis e 36-ter, D.P.R. n. 600/1973).
A questo inoltre bisogna aggiungere che Equitalia ha l’abitudine di emettere atti di riscossione (la nota cartella di pagamento), pur sapendoli già decaduti, confidando sulla poca domistichezza con il diritto della maggior parte dei contribuenti, ottenendo così l’incasso di somme che viceversa non sarebbero dovute.
Non è insolito infatti imbattersi in cartelle di pagamento che contengono al loro interno pretese impositive risalenti nel tempo, che, in mancanza del rispetto dei termini previsti ex lege, non sarebbero legittimamente attivabili.
Giova mettere in rilievo, infine, che l’unica arma a disposizione del contribuente per difendersi legittimamente è quella giudiziale, ovvero il ricorso in Commissione Tributaria, entro i 60 giorni successivi alla notifica dell’atto (ex art. 21, D. Lgs. n. 546/1992): infatti, non appare consigliabile affidarsi solamente ad un’istanza di annullamento in autotutela, come spesso accade, poiché la presentazione della stessa, come noto, non sospende i termini per l’impugnazione. L’effetto sarebbe quello di non ricevere risposta nei termini dall’Ufficio, ed in caso di esito negativo, non ci sarebbero più altre opportunità per impugnare l’atto.
Dal punto di vista strettamente procedurale, appare opportuno precisare che, per liti inferiori ad €.20.000,00, il ricorso produce in automatico l’effetto di un reclamo, ex art. 17-bis, D. Lgs. n. 546/1992; questo significa che l’ente della riscossione prima della costituzione in giudizio del ricorrente, ha un tempo di novanta giorni per riesaminare la sostenibilità in giudizio della propria pretesa.
L’esperienza insegna che Equitalia procede ad annullare le proprie cartelle di pagamento quando risulti evidente una violazione dei termini decadenziali previsti ex lege.