12 Nov Piani Individuali di Risparmio: convengono?
Sono partiti i P.I.R., Piani Individuali di Risparmio, una nuova agevolazione fiscale che mira a favorire l’investimento azionario su imprese italiane, anche di piccole-medie dimensione, o con stabile organizzazione in Italia.<br>Cosa sono: si tratta di un contenitore di strumenti o prodotti finanziari, (può avere la forma di fondo comune, gestione patrimoniale, contratto di assicurazione, deposito titoli), che permette di essere esentati dalle imposte sui capital gain, sui rendimenti (cedole, dividendi), di successione e di donazione.
Su cosa investono: Almeno il 70% di un Piano Individuale di Risparmio deve essere investito in strumenti finanziari (azioni o obbligazioni quotate o non) di aziende italiane, o anche europee (dell’Unione Europea o dello Spazio Economico Europeo) ma con stabile organizzazione in Italia. Di questo 70%, il 30% (pari al 21% dell’investimento complessivo) deve essere composto da strumenti finanziari di società non appartenenti all’indice FTSE Mib, quindi società di medio-piccole dimensioni.
Quanto si può investire: al massimo 30.000€ all’anno per 5 anni, con un importo complessivo massimo di 150.000€
Durata dell’investimento: minimo 5 anni, per godere del beneficio fiscale.
Convengono? Prima di valutare la convenienza, dobbiamo tenere presente che non è corretto scegliere un investimento partendo da motivazioni fiscali. Qui stiamo in pratica parlando di un investimento in azioni o obbligazioni emesse da società italiane: ricordiamo sempre quindi che per prima cosa dobbiamo valutare per quali motivi intendiamo investire in queste categorie di beni (se investire) e solo dopo, eventualmente, valutare gli aspetti fiscali per scegliere la modalità più adatta (come investire).
Convenienza: se siamo giunti alla conclusione che vogliamo investire su titoli emessi da società italiane, possiamo poi valutare se ci conviene utilizzare i P.I.R. Diciamo subito che attualmente vediamo poca convenienza per l’investimento in azioni e non vediamo nessuna convenienza per l’investimento in obbligazioni.
Iniziamo dalle azioni: se ipotizziamo un rendimento medio del 5%, il risparmio fiscale sarà pari all’1,30% (il 26% del 5%). Questo costo è esattamente pari alle commissioni di gestione annue dei P.I.R. fin qui presentati (tra 1,20% e 1,35%). È vero che il risparmiatore può in teoria aprire un P.I.R., direttamente dal proprio deposito titoli, acquistare azioni che corrispondano ai requisiti illustrati sopra e godere dei benefici fiscali, ma questo richiede competenze molto specifiche e l’assunzione di un rischio più elevato (data la minore diversificazione che il singolo investitore è in grado di ottenere rispetto ad un fondo, a parità di importo investito).
Quindi, sempre nell’ipotesi di rendimento azionario con rendimento al 5%, l’investitore ha due alternative:
Investimento tramite ETF: costo annuo tra lo 0,18% e lo 0,35%. Imposta = 1,30%. Costo totale annuo = 1,48% – 1,65%
Investimento tramite P.I.R.: costo totale annuo = 1,20% – 1,35%
A fronte di questo vantaggio minimo (che diventa uno svantaggio per rendimenti inferiori al 5%), si deve tenere l’investimento per almeno 5 anni, quindi si ha un notevole vincolo in termini di liquidità.
Obbligazioni: è chiaro che l’investimento in obbligazioni tramite P.I.R. non è conveniente. Poiché i rendimenti saranno, almeno per ora, nettamente più bassi del 5%, il costo annuo (commissioni di gestione) dei P.I.R. è ben superiore al risparmio fiscale.
Rischio di concentrazione: c’è un altro aspetto importante da valutare, oltre alla convenienza in termini di costo. È comprensibile l’intento legislativo di canalizzare l’investimento su società operanti in Italia, tuttavia questo, per l’investitore individuale, comporta automaticamente il rischio di concentrare una parte eccessiva del portafoglio su un paese (il nostro). L’Home Bias è una delle distorsioni evidenziate dalla Finanza Comportamentale: tendiamo naturalmente ad investire di più su ciò che sentiamo a noi più vicino. Di conseguenza i risparmiatori, a qualunque paese appartengano, tendono ad avere un’esposizione eccessiva al proprio mercato nazionale.
Facciamo solo un esempio: investiamo il massimo consentito tramite un P.I.R. = 150.000€, con componente azionaria pari al 50%. Abbiamo quindi un’allocazione di 75.000€ sul mercato italiano. Diciamo che un’allocazione azionaria equilibrata sul nostro mercato non debba essere maggiore del 10% del totale del nostro investimento azionario (ricordiamoci che la capitalizzazione della borsa italiana è intorno all’1% del totale mondiale). Significa che il valore totale del nostro investimento azionario dovrebbe essere almeno pari a 750.000€ per giustificare l’investimento di 75.000€ sul mercato italiano.
Commento: probabilmente non sta ai piccoli investitori aumentare la disponibilità di capitali per le piccole e medie aziende nazionali; meglio lasciare tale compito ad investitori istituzionali. Buona l’idea di prevedere agevolazioni fiscali per forme particolari di investimento. Viene spontaneo pensare che la priorità in questo senso potrebbe essere di favorire gli investimenti con finalità previdenziale. Converrebbe valutare quanto fatto in altri paesi con i Conti Individuali di Risparmio.
di Corrado Festa
Fonte: http://www.aduc.it