L'IVA nelle esportazioni: prassi e operatività

Nel presente contributo, analizziamo gli aspetti operativi principali legati alle operazioni di esportazione, con esclusivo riferimento alla normativa IVA.<br>Oggi come oggi, il processo d’internazionalizzazione non è più questione esclusiva delle grandi imprese, ma è diventato un elemento fondamentale anche per le strategie messe in atto dalle PMI. Quotidianamente sentiamo parlare di globalizzazione dei mercati. E allora la puntuale conoscenza delle implicazioni fiscali e delle connesse procedure doganali possono rappresentare importanti fattori di crescita per affrontare adeguatamente le operazioni con l’estero.

Tra l’altro, nella nostra nuova e moderna veste di consulenti di fiducia globali per i nostri clienti, una volta presa coscienza della volontà degli stessi di rivolgersi all’estero (e sempre che, come dovrebbe essere, non siamo stati proprio noi a suggerire loro di percorrere la strada dei mercati stranieri), prima ancora di dare il nostro parere tecnico di fiscalisti, dovremmo richiamarne l’attenzione su una scrupolosa prioritaria analisi di tutti quelli che sono gli aspetti legati a qualunque programma di internazionalizzazione, quali:

La scelta del mercato sui cui entrare
Il rischio-Paese
Il contesto socio-economico
Il sistema finanziario
L’ordinamento giuridico locale e internazionale (Convenzioni, Camere di Arbitrato etc.)
Le scelte strategiche commerciali più proficue
L’individuazione di elementi di criticità del prodotto
La scelta dell’interlocutore finanziario
I costi di trasporto e i termini di consegna dei beni (c. d. INCOTERMS o “Termini di Resa”)
Le garanzie bancarie internazionali sui pagamenti
Le clausole contrattuali da predisporre e sottoscrivere
Le procedure richieste nel singolo Stato per il recupero dei crediti
oltre che, evidentemente:
L’aspetto fiscale, come elemento prioritario da considerare

Relativamente a detto ultimo fattore, sarà opportuno sapere:

I) chi sono tutti i soggetti coinvolti nell’operazione (elemento soggettivo: privati, soggetti IVA)
II) di che tipologia di vendita si tratta (elemento oggettivo: beni, servizi)
III) come viene inviata la merce (elemento trasporto: a cura del fornitore, del cliente, file informatici)
IV) i Paesi effettivamente interessati (elemento territoriale: Italia, intra-UE, extra UE)
V) quando l’operazione sarà da considerarsi conclusa (elemento fattura: alla partenza, in Dogana, all’arrivo, alla data del pagamento)
VI) le connesse procedure doganali (elemento Dogana: bolletta, DAU – Documento Amministrativo Unico, il tutto finalizzato a fornire la prova dell’esportazione)
VII) come verrà saldato il prezzo e come sarà determinato il rapporto di cambio della moneta (elemento pagamento: unica soluzione, rateizzato, franco valuta)

In realtà, seppure il pagamento non sia un fattore indispensabile prescritto dalla normativa per individuare le operazioni di esportazione, è opportuno ricordare che lo diventa ai fini della qualifica di “esportatore abituale” e formazione del “plafond”: le esportazioni di omaggi e in generale le vendite effettuate secondo la c. d. procedura doganale “franco valuta”, infatti, come già chiarito con nota del Ministero delle Finanze 10367/1998, non rilevano a tali ultimi fini.

Inoltre, resta sempre da valutare il particolare aspetto legato alla dimostrazione del pagamento, quale indizio volto eventualmente a confermare l’effettività dell’operazione.

La Direttiva 2006/112/CE prevede che un’operazione di cessione di beni si consideri “esportazione non imponibile”, solamente se si verificano entrambe le seguenti due indispensabili condizioni:

I beni devono essere fuoriusciti dal territorio comunitario: Il passaggio della frontiera unionale deve essere provato in modo certo e diretto attraverso la documentazione doganale – o comunque proveniente da Enti e Autorità pubbliche del Paese estero di destinazione
Deve verificarsi il trasferimento effettivo del diritto di proprietà (o altro diritto reale di godimento) concernente i beni esportati: Il trasferimento della proprietà non deve necessariamente avvenire anteriormente al trasporto della merce all’estero, ben potendo la stessa essere previamente inviata all’estero per essere lì successivamente ceduta secondo i preventivi accordi di vendita stipulati con il cliente estero

Sempre in tema doganale, si ricorda (Circolare 16/D-2015 delle Dogane) che le Autorità doganali hanno poteri di verifica anche in materia di Transfer Pricing, nel momento del passaggio di beni “infra-gruppo”; nonché di attivazione della connessa eventuale attività di ruling, indipendentemente da eventuali controlli accertativi esperiti dall’Agenzia delle Entrate.

Ciò premesso, con particolare riferimento alle cessioni di beni, possiamo innanzitutto distinguere:

A) Le esportazioni dirette – Consegna effettuata dal fornitore italiano al cessionario extracomunitario
B) Le esportazioni indirette – Consegna effettuata in Italia a un “esportatore abituale”

Di regola, il momento di effettuazione dell’operazione si ha quando la dichiarazione doganale viene accettata, indipendentemente dalla data di partenza della merce. Dunque, è opportuno emettere la fattura (per così dire, “ufficiale”) in tale data, posto che la merce potrebbe restare bloccata in Dogana per ispezioni, controlli etc.

Per quanto, poi, concerne le indicazioni da annotare nella fattura (riferimento art. 21, commi 6 / 6 bis, DPR 633/1972):

Per le cessioni qualificate come operazioni non imponibili di cui agli articoli 8, 8-bis, 9 e 38-quater, DPR 633/1972, l’indicazione da inserire in fattura sarà:

“operazione non imponibile ex art. 8 / 8-bis / 9 / 38-quater”

Per le cessioni di beni in transito doganale in luoghi soggetti a vigilanza doganale, non soggette all’imposta ex art. 7-bis, comma 1, DPR 633/1972, l’indicazione da inserire in fattura sarà:

“operazione non soggetta, ex art. 7-bis, comma 1, DPR 633/1972”

Ma passiamo a elencare le fattispecie con cui più di frequente ci potrebbe capitare di avere a che fare nella pratica di tutti i giorni.

Esempio 1
Nel caso in cui il trasporto dei beni ceduti al soggetto extra-UE venga effettuato direttamente dal cedente (il quale ne avrà pertanto la relativa prova d’uscita), ci troviamo di fronte a un’operazione di esportazione diretta non imponibile IVA, ai sensi dell’art. 8, comma 1, lettera a), DPR 633/1972.
In queste ipotesi, si raccomanda di riporre particolare attenzione ai dazi doganali del Paese di arrivo, che non sono sempre facilmente predeterminabili in partenza.
Nell’esempio in considerazione, l’azienda vende dei beni a un cliente soggetto privato residente in Russia, con spedizione a cura della stessa azienda cedente. In tal caso, la fattura dell’azienda italiana, come appena detto, dovrà indicare la dicitura: “non imponibile IVA, ex art. 8, comma 1, lettera a), del DPR 633/1972”.
L’azienda italiana cedente dovrà conservare la bolletta doganale di ingresso dei beni in Russia.

Esempio 2
Nell’ipotesi in cui il trasporto sia eseguito a cura dell’azienda cessionaria non residente (o comunque a opera di un vettore da questa incaricato), siamo di fronte a un’esportazione indiretta, non imponibile IVA ai sensi dell’art. 8, comma 1, lettera b), DPR 633/1972.
In tal caso occorre soddisfare la condizione dei 90 giorni: se il cessionario non restituisce al cedente un esemplare della fattura vistata dalla Dogana di uscita della Comunità Europea entro 90 giorni dall’operazione, il cedente dovrà provvedere a regolarizzare l’esportazione, applicando l’IVA relativa (Circolare 50/E/2002, Agenzia delle Dogane).
La nostra azienda italiana, dunque, procede con la vendita di beni a un cliente soggetto IVA residente in Brasile. Tale soggetto brasiliano trasporta la merce per proprio conto nel suo Paese.
La spedizione della merce dovrà avvenire nei 90 giorni dalla consegna, e il cliente dovrà trasmettere alla nostra azienda italiana cedente, la bolletta doganale vistata, quale prova dell’effettiva entrata dei beni in Brasile.
La dicitura in fattura sarà: “operazione non imponibile, ex art. 8, comma 1, lettera b), DPR 633/1972”.

Esempio 3
La regola di non imponibilità dell’esportazione indiretta vista nell’Esempio 2 non è praticabile nelle fattispecie di cessioni effettuate nei confronti di privati consumatori extra-UE.
In questi casi, si potrà emettere la fattura non imponibile ex art. 38-quater, DPR 633/1972, a patto che i beni siano:

a) per uso personale o familiare
b) di importo complessivo (comprensivo di IVA) superiore a Euro 154,94
c) trasportati nei bagagli personali fuori dall’UE entro il terzo mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione

La dicitura in fattura sarà: “operazione non imponibile, ex art. 38-quater, DPR 633/1972”.
La fattura dovrà essere restituita all’azienda cedente entro il quarto mese successivo all’effettuazione dell’operazione, debitamente vistata dall’ufficio doganale di uscita dall’UE.

Considerata la scarsa affidabilità in tal senso dei privati consumatori, l’iter che si consiglia di percorrere è il seguente:

La fattura viene emessa con l’IVA al momento della vendita effettuata in Italia
Il privato consumatore extra-UE trasporta i beni fuori dall’UE entro tre mesi
Entro quattro mesi, il privato consumatore extra-UE riconsegna una copia della fattura con il timbro “visto uscire” apposto dalla Dogana UE di uscita
L’azienda italiana cedente rimborsa al privato consumatore extra-UE l’IVA anticipata in occasione dell’acquisto e provvede alla registrazione contabile

Ovviamente, come noto, il rimborso al consumatore privato extra-UE potrà essere effettuato anche tramite le note società di intermediazione Tax-free o Tax-refund.

Esempio 4
Passando, ora, a considerare le esportazioni concernenti prestazioni di servizi, diventa fondamentale porre particolare attenzione al momento in cui si considera concretamente effettuata l’operazione.

In generale, per quanto concerne le prestazioni di servizi ex art. 7-ter, DPR 633/1972, il momento di effettuazione dell’operazione si ha alla data di ultimazione della prestazione (art. 6, comma 6, DPR 633/1972). Fermo restando che un eventuale pagamento parziale del corrispettivo è valido come momento di effettuazione dell’operazione esclusivamente con riferimento all’importo realmente versato. Per le prestazioni a carattere continuativo, invece, il momento di effettuazione dell’operazione si ha alla data di maturazione dei singoli corrispettivi.
Nelle fattispecie di fatturazione relativa a prestazioni di servizi generici verso clienti soggetti privati extra-UE, la regola generale è quella della tassazione nello Stato di stabilimento del prestatore dei servizi: nel nostro caso, prestazione imponibile IVA 22%.

La situazione riguarda – come detto – le prestazioni di servizi generici. Esistono, peraltro, una serie di deroghe all’art. 7-ter per specifici servizi. In particolare, l’art. 7-septies, comma 1, lettera c), a esempio, stabilisce che non si considerano effettuate nel territorio dello Stato (e, dunque, si tratta di operazioni fuori campo IVA), se rese a committenti privati extra-UE, le prestazioni di consulenza e assistenza tecnica o legale nonché quelle di elaborazione e fornitura di dati e simili.

Dalla lettura di tale norma deriva che un avvocato italiano, il quale svolga un’attività di consulenza legale nei confronti di un cliente privato extra-UE, emetterà fattura/parcella senza IVA, con la dicitura: “operazione non soggetta, ex art. 7-septies, comma 1, lettera c), DPR 633/1972”.

La situazione non sembra, però, altrettanto chiara laddove si tratti di un commercialista che presti attività di consulenza fiscale o del lavoro. Esempio:

un cittadino privato cinese si rivolge a un commercialista italiano per conoscere la normativa locale in previsione di futuri investimenti
un cittadino privato indiano deve essere assunto da un datore di lavoro italiano e chiede l’assistenza di un commercialista italiano
un cittadino privato argentino viene bloccato con delle merci alla dogana comunitaria di uscita, in Italia, e si rivolge a un commercialista italiano per avere assistenza
un cittadino italiano, fiscalmente residente e domiciliato (rectius, stabilito) in Svizzera, si rivolge a un commercialista italiano per sapere se ha obblighi dichiarativi in Italia

In tutti questi casi, a nostro avviso, un’interpretazione fondata sulla ratio dell’intero articolo in esame, porterebbe a considerare l’operazione fuori campo IVA. Senonché, è ben vero che, avuto riferimento al tenore letterale della norma, non esiste la certezza che l’operazione rientri nella deroga prevista alla lettera c), comma 1 dell’art. 7-septies.

Cionondimeno, occorre rilevare che la deroga concerne il tipo di servizio prestato, senza fare alcun riferimento all’eventuale titolo professionale posseduto dal prestatore italiano. Nulla, dunque, vieta che un commercialista possa indicare in fattura/parcella una causale del tipo:

consulenza e assistenza tecnica
consulenza e assistenza legale
consulenza per l’elaborazione dati

rientrando, così, in una delle fattispecie in deroga. Resta, comunque, il rischio che, in sede accertativa, venga contestata la genericità della causale esposta (sulla base della norma, nella causale vanno dettagliati natura e valore dei servizi prestati).

Ora, ferma restando la possibilità (se vi è il tempo) di presentare domanda d’interpello ordinatorio e indipendentemente dal fatto che occorrerà un’opportuna valutazione caso per caso, negli esempi sopra elencati, la causale potrà essere la seguente: Consulenza e assistenza tecnica professionale specializzata, prestata a soggetto privato non residente e non stabilito nel territorio UE, in materia di normative nazionali e internazionali. Con indicazione: “operazione non soggetta ex art. 7-septies, DPR 633/1972”.

Esempio 5
Nelle ipotesi di fatturazione relativa a prestazioni di servizi generici verso clienti soggetti IVA extra-UE, vige la regola generale della tassazione IVA nello Stato di stabilimento del committente (cliente).
Quindi, il soggetto italiano emette una fattura senza IVA, con dicitura: “operazione non soggetta, ex art. 7-ter, comma 1, lettera a) DPR 633/1972”.
Pare superfluo ricordare che se, invece, l’operazione viene svolta in Italia nei riguardi di un soggetto IVA extra-UE stabilito in Italia (esempio: stabile organizzazione), ovviamente, il nostro cliente prestatore italiano dovrà emettere la fattura con IVA ordinaria 22%.

Esempio 6
Uno dei casi sempre più frequenti è costituito dalle operazioni concernenti prestazione di servizi acquistati tramite E-Commerce diretto: ovverossia, quel tipo di commercio elettronico in cui tutte le fasi della transazione (dall’ordine, alla prestazione e al pagamento) avvengano on-line.

Ricordiamo che l’Allegato II, della Direttiva 2006/112/CE riporta, in particolare, il seguente elenco indicativo dei servizi forniti per via elettronica:

fornitura di siti web e web-hosting, gestione a distanza di programmi e attrezzature;
fornitura di software e relativo aggiornamento;
fornitura di immagini, testi e informazioni, e messa a disposizione di basi di dati;
fornitura di musica, film, giochi, compresi i giochi di sorte o d’azzardo, manifestazioni o programmi politici, culturali, artistici, sportivi, scientifici o di intrattenimento;
fornitura di prestazioni di insegnamento a distanza.

In questi casi rileva il luogo di stabilimento del committente privato (operazione B2C), a prescindere da quello del prestatore soggetto passivo.
Quindi, non sono rilevanti ai fini IVA in Italia detti servizi resi a privati extra-UE; la fattura andrà emessa senza IVA, con dicitura: “operazione non soggetta, ex art. 7-sexies, comma 1, lettera f), DPR 633/1972”.

La sostanza (per quanto riguarda l’IVA) non muta anche nelle ipotesi di E-Commerce diretto relativo a operazioni B2B: soggetto IVA italiano verso soggetto economico extra-UE. Seppure in tali casi varia l’annotazione da indicare in fattura.
La nostra azienda italiana emetterà, dunque, fattura senza applicazione dell’IVA; fermo restando che la dicitura diventerà: “operazione non soggetta, ex art. 7-ter, comma 1, lettera a), DPR 633/1972”.

Esempio 7
Un’ulteriore fattispecie di esportazioni è, poi, rappresentata dalle cessioni gratuite di beni, dove, in linea con la normativa nazionale, bisognerà, prima di tutto, distinguere quali cessioni gratuite rientrano in ambito IVA.
In proposito, si ricorda che le cessioni gratuite di beni (la cui produzione o commercio rientra nell’attività propria dell’impresa; o quelle per le quali è stata operata la detrazione IVA all’acquisto), costituiscono operazioni rilevanti a fini IVA (come le cessioni a titolo oneroso). E, se effettuate verso clienti Extra-UE, configurano evidentemente delle operazioni di esportazione.

A questo punto, l’azienda italiana dovrà:

emettere fattura al cliente extra-UE, in quanto operazione comunque rilevante a fini IVA
annotare la dicitura: “operazione non imponibile, ex art. 8, comma 1, lett. a), DPR 633/1972”
indicare il prezzo di acquisto o di costo dei beni (o di beni simili), determinato nel momento in cui si effettuano tali operazioni (art. 13, comma 2, lett. c, DPR 633/1972)
precisare: “omaggi ceduti a titolo gratuito”
espletare le consuete formalità doganali

Viceversa, laddove la cessione al cliente extra-UE rientri fra le categorie di beni non rilevanti ai fini IVA (omaggi di beni non prodotti né commercializzati dall’impresa di valore unitario non superiore a Euro 50,00; ovvero, beni acquistati senza detrazione dell’imposta):

non si emette fattura soggetta a registrazione in contabilità, trattandosi di operazione fuori campo IVA per mancanza del presupposto oggettivo
vanno peraltro espletate le procedure doganali: lista valorizzata redatta su carta intestata dell’impresa (o emissione di fattura pro-forma), con indicazione dei beni ceduti in omaggio e del loro valore

In conclusione, pare opportuno (sempre con espresso riguardo alla prassi operativa) richiamare i principi espressi in due importanti sentenze della Corte di Giustizia UE.

Con la Sentenza 08.05.2013 (Causa C-271/12), in tema di irregolare fatturazione delle operazioni, la Corte ha affermato che:

Il principio di neutralità dell’IVA non osta al fatto che l’Amministrazione Finanziaria neghi il rimborso dell’imposta versata da un fornitore di servizi quando, in presenza di prestazioni di servizi effettivamente rese (con IVA esigibile correttamente versata), l’esercizio del diritto di detrazione dell’IVA addebitata su tali servizi è stato negato al committente degli stessi servizi per irregolarità contestate nelle fatture emesse dal prestatore, le quali possono essere regolarizzate solamente prima che vengano adottati i provvedimenti sanzionatori da parte della competente Amministrazione.

Con la Sentenza 19.12.2013 (Causa C-563/12), in materia di regime di esenzione IVA, la Corte ha, poi, avuto modo di precisare che:

Una normativa nazionale che assoggetta l’esenzione all’esportazione a un termine di uscita, con l’obiettivo, in particolare, di lottare contro l’elusione e l’evasione fiscale, senza per questo consentire al soggetto passivo di dimostrare, al fine di beneficiare di tale esenzione, che la condizione di uscita è stata soddisfatta dopo lo scadere di tale termine, e senza prevedere un diritto del soggetto passivo al rimborso dell’IVA già corrisposta in ragione del non rispetto del termine, qualora fornisca la prova che la merce ha lasciato il territorio doganale dell’Unione, eccede quanto necessario per il conseguimento di detto obiettivo.

Fonte: http://www.paolosoro.it