06 Set Terreni affrancati venduti ad un prezzo inferiore – Assurde problematiche
<br>E’ molto frequente il caso di vendita di un terreno ad un prezzo inferiore a quanto a suo tempo affrancato.
Che fare?
Logica vorrebbe che se si è affrancato il terreno ad un valore più alto, nessuna conseguenza tributaria ne possa derivare, vendendolo ad un prezzo inferiore. Ma non è così, per l’Amministrazione Finanziaria.
Con la circolare numero 1 del 15 febbraio 2013, paragrafo 4.1), l’Amministrazione Finanziaria ha ammesso una soluzione molto discutibile, una sorta di meccanismo di “prezzo valore”, per cui:
nell’atto di vendita sono da indicare sia il corrispettivo che il maggior valore di perizia;
il venditore non perde i benefici della rivalutazione (benefici che, invece, vengono meno se la doppia indicazione non ha luogo) e non realizza alcuna plusvalenza, essendo il primo termine inferiore al secondo;
le imposte di registro, ipotecaria e catastale, a carico dell’acquirente, sono però liquidate sul maggior valore di perizia.
Esiste anche una soluzione alternativa: redigere una nuova perizia, al ribasso (si può vedere l’esempio di cui alla circolare 20/2016 ed anche la circolare n. 47/E/2011).
Ad aliquote invariate (4% per i terreni) fino al 2014, nel caso di riduzione del valore era sufficiente soltanto una nuova perizia, nulla di più. Non si pagava nulla, ma nello stesso tempo non si aveva diritto ad alcun rimborso. Ora l’aliquota è all’8%, esattamente il doppio, e pertanto se la riduzione è inferiore alla metà ci sarà da pagare qualcosa.
L’Amministrazione Finanziaria ha anche ritenuto di confermare il suo orientamento con la Risoluzione 53 del 27/05/2015.
Il contenzioso su queste fattispecie, in caso di mancato adeguamento a quanto previsto dall’Agenzia delle Entrate, il che è un comportamento assai diffuso, è assai univoco. Dal 2016 è intervenuta anche la Cassazione, in modo però non univoco, e tutto ciò crea ulteriori incertezze. Per la tesi contraria dell’Agenzia delle Entrate (impossibilità di accertamento), abbiamo tre sentenze, tutte del 2016 (n. 19242 del 28 settembre, 24310 e 24316 del 29 novembre), accompagnate però da altre tre sentenze contrarie, sempre del 2016 (n. 14492 e 14693 del 15 luglio, 19465 del 30 settembre.
Infine, nel 2017 una sola decisione, contraria alla tesi dei contribuenti (Ordinanza della Cassazione n. 24136 del 13 ottobre 2017), cui ha fatto seguito l’ordinanza n. 19378 del 20 luglio 2018, favorevole al contribuente.
Ci sono poi decine di sentenze di Commissioni Tributarie Regionali, per la gran parte favorevoli alla tesi dei contribuenti.
Tenuto conto del rilevante contenzioso in essere, e delle ordinanze contrastanti da parte della Cassazione, si auspica una sentenza finalmente a Sezioni Unite, da parte della Cassazione (4 a favore della tesi dei contribuenti, 4 contrari).
E ovviamente che sia per l’unica soluzione razionale possibile, cioè che sposi la tesi dei contribuenti: in caso di vendita a prezzi inferiori a quanto oggetto di affrancamento, nulla è dovuto, ai fini delle imposte dirette, non esistendo alcun plusvalore.
a cura di Giuseppe Rebecca, Studio Rebecca & Associati