28 Ott Arbitro per le Controversie Finanziarie. Una istituzione positiva nel mondo dei piccoli investitori
<br>Più e più volte abbiamo criticato l’impostazione di fondo delle normative a tutela degli investitori poiché partono dall’assunto che la tutela si realizzi inondando il cliente di una serie di informazioni che spesso non è in grado (o non vuole per varie ragioni) leggere e capire e delegano agli intermediari finanziari, i cui interessi sono chiaramente in conflitto con quelli del cliente, il compito di fare i loro interessi anche a discapito dei propri.
Sono due premesse assurde che un giorno dovranno essere cambiate, ma – ad oggi – è quello che abbiamo.
Formalmente, le norme a favore degli investitori sono molto, molto forti e certamente sbilanciate in favore del soggetto più debole.
Fino a poco tempo fa, il problema era che piccoli danni generati dai comportamenti scorretti degli intermediari finanziari non potevano trovare ristoro attraverso il tribunale ordinario, perché questo implicava dei costi e dei rischi giuridici troppo elevanti per il danno subito.
Avvocati specializzati in diritto dell’intermediazione finanziaria non sono facili da trovare e quelli che ci sono, normalmente, hanno parcelle molto elevate.
Il “tritacarne” del sistema “giudiziario” (bisognerebbe coniare un termine diverso, perché con la Giustizia non ha proprio niente a che fare con questo girone infernale dantesco) presenta comunque sempre dei rischi enormi (costi per perizie, possibilità di ribaltare il giudizio nei gradi successivi con spese sempre crescenti…).
Insomma, l’investitore che aveva subito un danno di poche migliaia di euro a causa di un comportamento scorretto dell’intermediario, spesso, ingoiava il boccone e – nel migliore dei casi – cambiava intermediario.
Da un anno a questa parte abbiamo un nuovo strumento per ottenere giustizia, l’Arbitro per le Controversie Finanziarie istituito presso la Consob.
Proprio ieri è stato pubblicato il resoconto del primo anno di attività con informazioni molto interessanti.
Dei 1.468 ricorsi giudicati ammissibili (l’80% di quelli presentati) oltre la metà riguarda la consulenza in materia di investimenti finanziari.
Complessivamente i ricorsi accolti sono poco meno del 62%, mentre i ricorsi presentati da un procuratore (in genere avvocati, ma anche associazioni di consumatori) vedono una percentuale di successo del 73%.
Il numero di ricorsi decisi è ancora molto basso, stiamo parlando di 207 casi, però sono già sufficienti per iniziare a fare qualche considerazione in merito all’orientamento dell’Arbitro, che è decisamente favorevole ai clienti.
Sia chiaro, non è che l’Arbitro interpreti le norme in modo particolarmente favorevole, sono le norme che sono particolarmente a favore dell’investitore, e l’Arbitro le interpreta con specifica competenza e coerenza, cosa che difficilmente ci si può aspettare da un giudice ordinario.
Facciamo alcuni esempi per capire il concetto. La norma specifica che l’onere della prova è a carico della banca. Questa è una norma giustissima ed estremamente favorevole al cliente. E’ la banca che deve dimostrare di essersi comportata con correttezza, diligenza e trasparenza e non viceversa.
Questa regola, ovviamente, viene applicata anche dai giudici ordinari, ma spesso il concetto è molto più sfumato. L’ACF decide in base alla documentazione allegata. Quindi il concetto di prova è limitato a quello che l’intermediario può documentare per scritto.
Ovvio che sia esclusa quella che viene definita una probatio diabolica, non è possibile pensare che l’intermediario sia chiamato a rispondere di qualunque accusa fatta sulla base delle sole parole del cliente. La presunta violazione per la quale il cliente chiede il risarcimento del danno dovrà avere una qualche forma di prova fattuale, poi spetta alla banca dimostrare di essersi comportata correttamente, ma l’accusa non potrà essere semplicemente sulla base della parola del cliente.
Passiamo alle questioni di merito, cioè agli obblighi di condotta degli intermediari finanziari.
I due pilastri attorno ai quali è costruita tutta l’impalcatura di tutela degli investitori sono gli obblighi informativi e l’obbligo di verifica di adeguatezza.
Le banche devono fornire tutte le informazioni per fare scelte d’investimento consapevoli. E’ esperienza più che comune che, nei fatti, salvo rare eccezioni, questo non avviene mai. Le banche tendono ad assolvere quest’obbligo solo formalmente, ma ciò non è sufficiente secondo la corretta interpretazione delle norme.
In merito, l’Arbitro per le Controversi Finanziarie ha in più occasioni affermato che l’intermediario è tenuto a dimostrarne la loro osservanza "in concreto". In altre parole, l’intermediario deve porsi in condizione di dimostrare di non aver assolto a tali obblighi d’informazione preventiva in modo meramente formalistico. Non è sufficiente la dichiarazione del cliente di "aver preso visione" della documentazione informativa e di "aver ricevuto l’informativa sui rischi dell’investimento" ma e’ necessario che l’intermediario provi di aver adempiuto nella loro effettivita’ a tali obblighi, dovendo fornire al cliente tutte le informazioni necessarie al fine di consentirgli di valutare le caratteristiche dell’investimento e da cio? farne scaturire consapevoli scelte d’investimento. (Decisioni 11, 34, 155).
Lo stesso principio vale per la consegna del famoso “prospetto informativo” che molto spesso non viene mai consegnato al cliente, ma che il cliente dichiara di aver ricevuto. L’ACF ha chiarito che la mera predisposizione e messa a disposizione del prospetto informativo d’offerta non è sufficiente (ad eccezione che per l’investimento in OICR aperti ex art. 33 del Regolamento Intermediari n. 16190/2007) a far ritenere che siano stati correttamente adempiuti gli obblighi informativi gravanti sull’intermediario, trattandosi di documento predisposto dall’emittente nei riguardi della generalità di investitori potenzialmente interessati (Decisioni 34, 71, 107, 157).
In tema di informazioni, particolarmente interessante è quello delle informazioni successive all’investimento.
Nella decisione n. 116 l’ACF ha stabilito che gli intermediari (con ciò intendendosi non solo gli intermediari consulenti o gestori di portafogli, ma anche gli intermediari depositari) assumono obblighi continuativi di informare, in tempo utile, i propri clienti in relazione a qualsiasi modifica rilevante attinente alla natura, ai rischi degli strumenti finanziari trattati.
Sulla base di tale principio, l’ACF ha deciso per la responsabilità della banca in un caso di default dell’emittente anche perché non si era curata (se non a default intervenuto) di informare il cliente della variazione significativa del livello di rischio che le obbligazioni avevano subito nel periodo intercorrente tra l’acquisto del titolo e la data del definitivo default dell’emittente.
Questo è un principio che è sempre esistito nella norma, ma che ha fatto molta fatica a trovare accoglimento presso i tribunali ordinari.
Concetti simili sono stati enunciati in merito alla valutazione di adeguatezza (o “non adeguatezza”) dell’investimento rispetto al profilo di rischio.
In passato, spesso la banca si tutelava apponendo una clausola di stile nell’ordine di acquisto (spesso barrando una casella) con la quale il cliente prendeva semplicemente atto che la banca riteneva l’operazione “non adeguata”. Nella pratica, salvo rarissime eccezioni, mai il promotore o il dipendente bancario si preoccupava realmente d’informare il cliente, come prescrive la legge, delle ragioni per le quali l’investimento era ritenuto inadeguato.
In un caso simile, l’ACF ha ritenuto (seguendo il principio espresso da vari pronunciamenti della Cassazione, in ultimo Cass. 18 maggio 2017, n. 125449) che la conoscenza dei motivi posti a fondamento del giudizio di inadeguatezza fosse un elemento di valutazione rilevante per l’investitore al fine della successiva decisione di procedere o meno all’investimento.
Questi sono solo alcuni esempi che dimostrano come le decisioni dell’ACF sono orientate a cogliere la lettera e lo spirito di una normativa che è fortemente a favore della parte più debole ma che, fino ad oggi, difficilmente ha trovato una corretta applicazione nei tribunali ordinari, specialmente nei casi economicamente meno rilevanti.
E’ bello constatare che oggi i piccoli investitori hanno uno strumento molto efficace per far valere i propri diritti.
Ogni tanto, quando è possibile, è bello poter dare anche buone notizie!
di Alessandro Pedone
Fonte: https://www.aduc.it