SMART WORKING: convenienza per il lavoratore e il datore di lavoro

Legge n.81, 22 maggio 2017.<br>Con il termine smart-working viene indicata la modalità flessibile di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato.
Non si introduce quindi un’ennesima tipologia negoziale, ma una nuova veste lavorativa.

Secondo le nuove regole, la prestazione resa in modalità “agile” dovrà avvenire in parte all’interno dei locali aziendali e in parte all’esterno, senza una postazione fissa, ed entro i soli limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale. L’articolo 20 al comma 1 del Jobs Act autonomi (legge 22 maggio 2017, n. 8) precisa come “Il lavoratore che svolge la prestazione in modalità di lavoro agile ha diritto ad un trattamento economico e normativo non inferiore a quello complessivamente applicato, in attuazione dei contratti collettivi di cui all’articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, nei confronti dei lavoratori che svolgono le medesime mansioni esclusivamente all’interno dell’azienda”.

Mentre da un lato si conserva intatto il diritto alla retribuzione nella medesima misura prevista per i lavoratori “tradizionali”, dall’altro la stessa non potrà trovare perfetta corrispondenza in un concetto di retribuzione oraria o comunque legata ai tempi della prestazione, dovendo necessariamente lasciare spazio a forme di retribuzione per obiettivi. Verrà meno, per il lavoratore agile, il concetto di lavoro straordinario, il quale ha come presupposto il superamento dell’orario di lavoro ordinario, verificabile dal datore di lavoro, così come tutte quelle voci retributive legate strettamente allo svolgimento della prestazione lavorativa presso una sede fissa di lavoro ed un orario rigidamente determinato (es. indennità di mensa).

Sotto un profilo assicurativo, l’INAIL – con la circolare n. 48 del 2 novembre 2017 – è intervenuta sugli obblighi assicurativi connessi al lavoro agile, precisando come la suddetta modalità, pur non prevedendo una postazione fissa di lavoro, richiede tuttavia “l’estensione dell’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali” e che “la classificazione tariffaria della prestazione lavorativa segue quella cui viene ricondotta la medesima lavorazione svolta in azienda.” L’istituto interviene anche sulla casistica dell’infortunio in itinere, per il quale si prevede l’applicazione della tutela pur nell’incertezza del luogo ove la prestazione si svolge fuori dai locali aziendali a patto che “la scelta del luogo della prestazione è dettata da esigenze connesse alla prestazione stessa o dalla necessità del lavoratore di conciliare le esigenze di vita con quelle lavorative e risponda a criteri di ragionevolezza”.

Sotto il profilo della tutela della salute e sicurezza del lavoratore, il legislatore prevede un preciso obbligo di comunicazione da parte del datore di lavoro, il quale, con cadenza annuale è chiamato ad inviare al lavoratore e al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza un’informativa scritta, nella quale sono individuati i rischi generali e i rischi specifici connessi alla particolare modalità di esecuzione della prestazione lavorativa (art. 22, comma 1). Deve altresì fornire al lavoratore una “adeguata informativa circa il corretto utilizzo delle attrezzature/apparecchiature eventualmente messe a disposizione nello svolgimento della prestazione in modalità di lavoro agile”.

Il legislatore identifica tre buoni motivi per i quali datore di lavoro e lavoratore possono trarre beneficio dal ricorso alle modalità di lavoro agile:

incremento della competitività (per il datore di lavoro) nella duplice sfaccettatura di incremento di produttività che si accomuna al lavoro agile e nell’incremento dell’employer branding aziendale, attraendo la forza lavoro più talentuosa e motivata;
l’agevolazione della conciliazione vita lavoro (per il lavoratore);
riduzione dei costi per l’impresa, in termini di minor costo per spazi ed attrezzature e altresì per lo svolgimento della prestazione lavorativa.
In estrema sintesi: il lavoratore che svolge la sua prestazione in modalità agile consente all’impresa di ridurre i costi di affitti, utenze e attrezzature, in quanto lo spazio necessario per l’organico si riduce in proporzione all’intensità e frequenza con cui la prestazione lavorativa si svolge in modalità agile.

Relativamente alla riduzione del costo del lavoro, questa può derivare da minori oneri per lavoro straordinario, che – come si è visto – mal si combina con questa modalità senza vincoli di orario predefiniti, di trasferte e, almeno fino al 31 agosto 2018, anche con il godimento di sgravi contributivi legati ad accordi aziendali finalizzati a realizzare politiche di conciliazione vita lavoro.

Il d.lgs. n. 80/2015 ha stanziato risorse economiche per gli sgravi contributivi per incentivare la contrattazione di secondo livello finalizzata a sostenere le cure parentali e la conciliazione vita lavoro (art.25).

Le azioni finanziabili sono state identificate dal DM 12 settembre 2017, in GU il 23 ottobre 2017 e si applicano agli accordi sottoscritti dal 1 gennaio 2017 al 31 agosto 2018 che prevedono almeno due azioni, di cui almeno una rientrante o nell’area di intervento genitorialità o nell’area di intervento flessibilità organizzativa, così come identificate dal DM 12.9.2017.

Il contratto aziendale deve riguardare un numero di dipendenti pari almeno al 70% della media di lavoratori occupati dal datore di lavoro, in termini di forza aziendale, nell’anno civile precedente. Il disposto dell’articolo 23 D.lgs.80/2017, prevede infatti che “I datori di lavoro privati che facciano ricorso all’istituto del telelavoro per motivi legati ad esigenze di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro in forza di accordi collettivi stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, possono escludere i lavoratori ammessi al telelavoro dal computo dei limiti numerici previsti da leggi e contratti collettivi per l’applicazione di particolari normative e istituti”.