02 Gen Terreni – Vendita a prezzo ribassato
I termini per l’affrancamento dei terreni sono stati riaperti con la legge di bilancio 2018 (numero 205/2017); aliquota confermata all’8% e scadenza del 30 giugno 2018. Si ripropone così il caso, frequente, di una precedente rivalutazione a valori superiori a quelli di vendita.<br>Qualora il corrispettivo di vendita fosse inferiore al valore indicato nella relazione di stima, l’Agenzia delle Entrate (circolare numero 1 del 15 febbraio 2013, paragrafo 4.1) ha ammesso una soluzione discutibile, una sorta di meccanismo di “prezzo valore”, per cui:
nell’atto di vendita si devono indicare sia il corrispettivo sia il maggior valore di perizia;
il venditore non perde i benefici della rivalutazione (benefici che, invece, vengono meno se la doppia indicazione non ha luogo) e non realizza alcuna plusvalenza, essendo il primo termine inferiore al secondo;
le imposte di registro, ipotecaria e catastale, a carico dell’acquirente, sono però liquidate sul maggior valore di perizia.
In alternativa, tutto ciò era superabile redigendo una nuova perizia, al ribasso (si può vedere l’esempio di cui alla circolare 20/2016 ed anche la circolare n. 47/E/2011).
Fino al 2014, ad aliquote invariate (4% per i terreni), nel caso di riduzione era sufficiente soltanto una nuova perizia, nulla più. Non si pagava nulla, ma nello stesso tempo non si aveva diritto ad alcun rimborso.
Era stato anche ipotizzato un cambio di linea interpretativa (vedasi Il Sole 24 Ore del 9 Aprile 2015), ma ciò non ha avuto seguito alcuno. Anzi, l’Amministrazione Finanziaria ha ritenuto di confermare il suo orientamento con la Risoluzione 53 del 27/05/2015.
Il contenzioso su queste fattispecie, in caso di mancato adeguamento a quanto previsto dall’Agenzia delle Entrate, è numeroso e dal 2016 è intervenuta anche la Cassazione, in modo però non univoco, e tutto ciò crea ulteriori disagi.
Per la tesi contraria dell’Agenzia delle Entrate (impossibilità di accertamento), abbiamo tre sentenze, tutte del 2016 (n. 19242 del 28 settembre, 24310 e 24316 del 29 novembre), accompagnate però da altre tre sentenze esattamente contrarie, sempre del 2016 (n. 14492 e 14693 del 15 luglio, 19465 del 30 settembre.
Infine, nel 2017 una sola decisione, contraria alla tesi dei contribuenti (Ordinanza della Cassazione n. 24136 del 13 ottobre 2017) .
Ci sono poi molte sentenze di Commissioni Tributarie, anche regionali, per la gran parte favorevoli alla tesi dei contribuenti. Ricordiamo solo le ultime due note (Commissione Tributaria Regionale di Venezia n. 427 del 29 marzo 2017 e Lazio n. 3119/2017).
Tenuto conto del rilevante contenzioso in essere, e delle ordinanze contrastanti da parte della Cassazione, si auspica una sentenza finalmente a Sezioni Unite, da parte della Cassazione.
E naturalmente che sia per l’unica soluzione razionale possibile, cioè che sposi la tesi dei contribuenti: in caso di vendita a prezzi inferiori a quanto oggetto di affrancamento, nulla è dovuto, ai fini delle imposte dirette, non esistendo alcun plusvalore.