06 Ott Numero unico di emergenza europeo
Le imprese di telecomunicazione devono trasmettere gratuitamente all’autorità incaricata delle chiamate di emergenza al 112 (numero di emergenza unico europeo) le informazioni che consentono di localizzare il chiamante.
Lo ha dichiarato la Corte di Giustizia, con la sentenza 5 settembre 2019 (C-417/18),AW e a., precisando che gli Stati membri devono far rispettare tale obbligo anche se il telefono cellulare non è provvisto di una scheda SIM.
La questione è sorta nell’ambito dell’azione di risarcimento dei danni morali avviata, in Lituania, dai parenti di una ragazza vittima di rapimento, violenza e omicidio, la quale aveva chiesto aiuto al 112 col cellulare ma che la polizia non aveva potuto localizzare dato che gli apparecchi del centro di raccolta delle chiamate di emergenza non memorizzavano i numeri dei cellulari che funzionano senza scheda SIM.
Con questa nuova sentenza, la Corte ricorda che dalla formulazione della direttiva «servizio universale» (Direttiva 2002/22/CE, successivamente modificata dalla Direttiva 2009/136/CE) si evince che l’obbligo di messa a disposizione delle informazioni sull’ubicazione del chiamante riguarda «ogni chiamata al numero di emergenza unico europeo».
Inoltre, la Corte ha già statuito che la direttiva «servizio universale», nella sua versione originale, imponeva agli Stati membri, sempre che ciò fosse tecnicamente fattibile, un obbligo di risultato che non si limita all’istituzione di un contesto normativo appropriato, ma esige pure che le informazioni sulla localizzazione di tutte le chiamate al numero 112 siano effettivamente trasmesse ai servizi di soccorso.
Pertanto, le chiamate al 112 effettuate da un telefono cellulare sprovvisto di scheda SIM non possono essere escluse dal campo di applicazione della direttiva «servizio universale».
Di conseguenza, la Corte statuisce che la direttiva «servizio universale» impone agli Stati membri, a condizione che ciò sia tecnicamente fattibile, l’obbligo di provvedere affinché le imprese interessate mettano gratuitamente a disposizione dell’autorità incaricata delle chiamate di emergenza al 112 le informazioni relative all’ubicazione del chiamante non appena la chiamata raggiunge tale autorità, anche quando la chiamata è effettuata da un telefono cellulare sprovvisto di scheda SIM.
Nonostante gli Stati membri dispongano di un certo potere discrezionale nella definizione dei criteri relativi all’esattezza e all’affidabilità delle informazioni sull’ubicazione di una persona che chiama il 112, tali criteri – scrive la Corte – devono in ogni caso garantire, nei limiti della fattibilità tecnica, la localizzazione della posizione del chiamante con tutta l’affidabilità e la precisione necessarie a permettere ai servizi di emergenza di venirgli utilmente in soccorso.
Il potere discrezionale di cui dispongono gli Stati membri nella definizione di tali criteri trova dunque un limite nella necessità di garantire che le informazioni trasmesse permettano utilmente la localizzazione effettiva del chiamante e, pertanto, l’intervento dei servizi di soccorso.
In relazione poi alle conseguenze della violazione di tale obbligo, la Corte ha precisato che, tra le condizioni che devono essere soddisfatte per stabilire la responsabilità di uno Stato membro per danni causati ai singoli individui da violazioni del diritto dell’Unione (quale quella accertata nella causa in questione) imputabili a tale Stato, figura quella relativa alla sussistenza di un nesso causale diretto tra la violazione di detto diritto e il danno subito da tali singoli individui. Tuttavia, le condizioni stabilite dalle legislazioni nazionali in materia di risarcimento dei danni non possono essere meno favorevoli di quelle relative ad analoghe azioni di natura interna.
Di conseguenza, quando, in base al diritto interno di uno Stato membro, la sussistenza di un nesso causale indiretto fra l’illecito commesso dalle autorità nazionali e il danno subito da un singolo individuo è sufficiente per configurare la responsabilità dello Stato, anche un tale nesso causale indiretto tra una violazione del diritto dell’Unione, imputabile allo Stato membro in questione, e il danno subito da un singolo individuo dev’essere sufficiente per configurare la responsabilità di detto Stato membro per tale violazione del diritto dell’Unione.
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