21 Gen Economia italiana, in assenza di tinte forti si gioca sulle sfumature: cosa dice l'ultimo bollettino di Banca d'Italia
<br>”Nelle proiezioni per l’Italia una graduale ripresa globale e condizioni monetarie accomodanti favorirebbero il ritorno a una crescita moderata ma restano rilevanti rischi”. Questa la sintesi di Banca d’Italia che apre il suo primo bollettino economico del 2020. L’economia italiana continua ad essere in balia di correnti contrastanti, alcune impegnate a sospingerla, altre a frenare l’entusiasmo: è imprescindibile mettere ordine alla grande mole di dati che di settimana in settimana vengono rilasciati.
Anzitutto Banca d’Italia sostiene sulla base delle proprie stime che nel quarto trimestre 2019 il Pil sia rimasto pressoché invariato. Nello specifico l’indicatore Ita-Coin (che fornisce un’istantanea dell’andamento dell’economia italiana attraverso l’analisi di una molteplicità di informazioni) è tornato positivo per la prima volta da novembre 2018, seppur con un debole +0,05. Ciò suggerirebbe che il peggio, per il momento, sia stato superato: a luglio 2019 l’indicatore era sceso a -0,2. Nel terzo trimestre 2019 il Pil sarebbe cresciuto dello 0,1% rispetto al trimestre precedente. Una minima espansione figlia di espansioni di più grande entità apprezzabili scompattando le singole componenti. Ad aver trascinato l’economia italiana sono state le importazioni totali (+1,3%), gonfiatesi grazie alla domanda nazionale (+0,5%) e ai consumi (+0,3%). In aumento anche le scorte (+0,3%) dopo due trimestri in negativo. Ad aver contenuto la crescita del Pil sono stati gli investimenti fissi lordi, tornati in negativo (-0,2%), e le esportazioni nette (-0,4%) che pare stiano accusando le tensioni geopolitiche e la tensione sul fronte dazi. Tuttavia, è bene sottolinearlo, il bollettino recita: “Le imprese intervistate alla fine dello scorso anno dalla Banca d’Italia segnalano che le aspettative sulla domanda estera sono migliorate”, suggerendo un clima di contenuta positività. È bene tuttavia interpretare questa leggera contrazione in un’ottica storica: tra il 2011 e il 2019 le esportazioni italiane sono cresciute di oltre il 20%, mentre il Pil è rimasto stagnante e consumi e investimenti devono ancora tornare in pareggio.
La produzione industriale resta fiacca, sebbene al netto della componente energetica a novembre sia cresciuta dello 0,4%. Secondo le stime di Banca d’Italia la riduzione dell’attività manifatturiera negli ultimi tre mesi del 2019 sarebbe stata analoga a quella del trimestre estivo. Le imprese restano sul chi va là, gli investimenti nel 2020 potrebbero essere più contenuti rispetto a quelli dell’anno appena chiuso. A preoccupare, secondo le interviste condotte da Palazzo Koch, sono nell’ordine “incertezza imputabile a fattori economici e politici”, “tensioni sulle politiche di liberalizzazione degli scambi internazionali” e “l’andamento del prezzo del petrolio”. D’altro canto il vacillare degli investimenti non dipende unicamente da fattori endemici alla manifattura ma anche da un mutato clima nel settore creditizio. A novembre 2019 i prestiti alle società non finanziarie si sono contratti dell’1,9%, che diventa -2,5% sui tre mesi. È il paradosso della congiuntura creditizia degli ultimi anni: i tassi applicati dalle banche non sono mai stati così bassi eppure, come si dice in gergo, “il cavallo non beve”. Il tasso medio sui nuovi prestiti alle imprese oltre un milione di euro è inferiore all’1% e quello fino al milione è sotto al 2%. Per comprendere le dinamiche presenti e future bisogna osservare con attenzione “the only game in town”, quello della Banca Centrale Europea. La presidente Christine Lagarde si sta ponendo in continuità con il suo predecessore Mario Draghi: la politica monetaria resta (e resterà) accomodante. Non solo il costo del denaro non dovrebbe aumentare nel breve termine ma non è nemmeno da escludere che per l’estate Lagarde tagli ulteriormente i tassi sui depositi. In altre parole i tassi sui prestiti rimarranno bassi. Banca d’Italia stima che l’Euribor a 3 mesi (base per il tasso variabile) resterà negativo almeno fino alla fine del 2022 (non a caso la crescita dei prestiti nel mercato retail è strettamente collegata ad un aumento delle surroghe).
Cosa aspettarsi per il 2020? Sarà fondamentale un clima di rinnovata serenità nell’ambito del commercio internazionale e sul fronte caldo delle tensioni geopolitiche (le quotazioni del petrolio in questo senso hanno mostrato una notevole resilienza alla situazione libica e al confronto tra Stati uniti e Iran). Difficile aspettarsi manovre shock a livello governativo, visti gli stretti vincoli di bilancio e un output gap in trend positivo che non lascia margini sul fronte dell’indebitamento strutturale. Nel mare magnum delle variazioni statistiche di piccola entità e dal segno contrastante sarà fondamentale fare luce costantemente su tutte le sfumature della congiuntura.