Videosorveglianza e telecamere: altra sentenza di condanna dalla Cassazione

Gli impianti di videosorveglianza: considerazioni e consigli.<br>Sulla questione dell’installazione di impianti di videosorveglianza sono intervenuto più volte, in quanto è pessima abitudine da parte deglla maggior parte degli installatori, probabilmente a scarsa conoscenza della materia, fornire un’adeguata informazione a chi loro si rivolge per installare un impianto di videosorveglianza con telecamere.

E’ necessario infatti ottenere il consenso delle rappresentazioni sindacali dei lavoratori e, qualora non esistano all’interno dell’azienda oppure non si raggiiunga un accordo, richiedere un provvedimento autorizzativo da parte della Direzione Provinciale del Lavoro; per quanto riguarda il mio studio ho richiesto ed ottenuto l’autorizzazione relativa al posizionamento di una telecamera esterna che “inquadra” unicamente il soggetto “davanti alla porta di ingresso” e che, quindi, non rileva ai fini del controllo a distanza dell’attività prestata dai lavoratori occupati nello studio, ma la prudenza non è mai troppa e le sanzioni sono salate.

Ad ingenerare ancora maggiore confusione si assiste a pubblicità televisiva dove la micro telecamera dà la possibilità di controllare cosa fa la tua colf mentre non ci sei, senza valutare minimamente le conseguenze di un controllo dell’attività della colf, lavoratrice, e senza valutare minimamente lo statuto dei lavoratori e neppure la nota 1004 dell’8.2.2017 dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro con la quale è stato indicato che nel rapporto domestico è necessario comunque l’obbligo di informazione preventivo ed il consenso, chiaramente scritto, dello stesso collaboratore domestico.

A parte poi la violazione in esame, non è raro il caso di sanzioni per “mancata informativa” che deve essere resa tramite affissione di cartello indicante il funzionamento dell’impianto (link a provvedimento – sanzioni per 7.200 euro irrogate dal Garante).

Rammento che il Garante ha emanato il Provvedimento web 1712680 dell’8 aprile 2010 in materia di videosorveglianza, pubblicato sulla G.U. 99 del 29 aprile 2010 invitando a consultare il decalogo redatto dal Garante.

Prima dell’installazione è quindi necessario procedere alle valutazioni indicate nel citato decalogo, redigere una planimetria con il progetto dell’impianto, con indicati i raggi di azione delle telecamere, un documento sull’organizzazione e funzionamento del sistema di videosorveglianza avendo riguardo anche – se con registrazione delle immagini – ai tempi di conservazione delle immagini stesse, raggiungere un accordo con le rappresentanze sindacali o chiedere l’autorizzazione alla Direzione Provinciale del Lavoro, quindi solo dopo aver assolto queste fasi preliminari realizzare l’impianto, informarne i lavoratori, procedere all’affissione di cartelli – informativa ed attenersi, anche in relazione ai tempi di registrazione, a quanto indicato nel Garante nel citato provvedimento dell’8 aprile 2010.
La Sentenza della Corte di Cassazione
Con la sentenza della Cassazione Penale sez. 3 del 17 gennaio 2020 n. 1733 (decisa il 6 novembre 2019) è stato condannato con un ammenda da 3.000 euro un imprenditore che aveva installato nel 2014 un sistema di videosorveglianza idoneo a controllare l’attività dei dipendenti, senza il preventivo accordo con le rappresentazioni sindacali dei lavoratori ma con un accordo scritto con i dipendenti, in violazione quindi dello Statuto dei Lavoratori (art. 4 Legge 300/1970).

Il datore di lavoro avrebbe dovuto in prima battuta stipulare l’accordo preventivo con le rappresentanze sindacali, qualora l’accordo non fosse raggiunto chiedere il rilascio di un provvedimento autorizzativo da parte della Direzione Provinciale del Lavoro, in quanto il legislatore ha ritenuto di “affidare l’assetto della regolamentazione di tali interessi alle rappresentanze sindacali o, in ultima analisi, ad un organo pubblico, con esclusione della possibilità che i lavoratori singoli, possano autonomamente provvedere al riguardo – trova la sua ratio nella considerazione dei lavoratori come soggetti deboli del rapporto di lavoro subordinato.” ed in quanto l’imprenditore potrebbe, ad esempio, far firmare all’atto dell’assunzione del lavoratore una dichiarazione con la quale accettano l’adozione o l’introduzione di qualsiasi tecnologia di controllo dando luogo ad un consenso viziato, cioè condizionato all’assunzione.