06 Mar Nel 2019 Amministrazione pubblica parsimoniosa: il deficit a 1,6% è tra i più austeri mai registrati nella storia repubblicana
<br>L’Italia ha chiuso il 2019 con un deficit pari all’1,6% del Pil, nettamente al di sotto delle previsioni e ai livelli minimi da 2007. Lunedì 2 marzo l’Istat ha pubblicato le statistiche relative al Pil e all’indebitamento delle amministrazioni pubbliche dell’anno 2019, contenente diverse sorprese a livello contabile. La prima è il dato riguardante l’indebitamento netto delle Amministrazioni pubbliche, noto anche e soprattutto come deficit. Nella nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza pubblicata il 30 settembre 2019 il rapporto tra deficit e Pil programmatico veniva limato a 2,2% rispetto al Def di aprile (2,4%). Il dato definitivo firmato Istat si è rivelato inferiore di 0,8 punti percentuali, fermandosi all’1,6%. Si tratta del valore più basso dallo scoppio della crisi finanziaria (1,3% nel 2007) e tra i tre più bassi degli ultimi quarant’anni (inizio delle serie storiche). Ad un minore deficit di bilancio corrisponde anche un maggiore avanzo primario rispetto a quanto programmato, con il conto delle Amministrazioni pubbliche al netto degli interessi passivi che conferma il risparmio fatto registrare da circa tre decenni (Grafico da banca dati Istat). Il saldo primario si è infatti assestato all’1,7% del Pil, in aumento rispetto all’1,5% del 2018 e superiore al saldo programmatico dell’1,3%. L’Istat spiega che questo risparmio è dovuto ad un incremento del 2,8% delle entrate correnti, attestatesi al 46,9% del Pil. Nel 2019 vi è stata una crescita delle imposte dirette del 3,4%, in particolare Irpef, Ires e imposte sostitutive. I contributi sociali effettivi hanno registrato un aumento del 3,2% mentre la voce “altre entrate correnti” ha riportato un +8,4%, soprattutto grazie all’aumento dei dividendi delle controllate. La pressione fiscale è aumentata rispetto al 2018, attestandosi al 42,4%.
Tra i risparmi la voce che più colpisce è quella degli interessi passivi, ridottasi del 6,7% rispetto al 2018 e, in particolare, passata da 64,6 miliardi nel 2018 a 60,3 miliardi di euro nel 2019. La riduzione è dovuta principalmente al programma di acquisto sul mercato secondario della Banca centrale europea tramite la Banca d’Italia, che ha calmierato i rendimenti sui titoli di Stato. In termini di aggregati assoluti il bilancio delle Amministrazioni pubbliche italiane ha chiuso con un -29 miliardi di euro (era -38,8 miliardi nel 2018), affossato dalla spesa per gli interessi passivi sul debito pubblico, senza i quali il bilancio si chiuderebbe a +31,0 miliardi di euro. Il prelievo fiscale è passato da 739,4 miliardi di euro nel 2018 a 758,6 miliardi nel 2019 (pressione fiscale al 42,4%). Il debito pubblico è passato così da 2.380,6 miliardi a 2.409,2 miliardi euro, mantenendo però costante il rapporto debito/Pil a 134,8% grazie all’aumento, appunto, del prodotto interno lordo.
Quest’ultimo è aumentato in termini nominali dell’1,2% rispetto al 2018 e dello 0,3% in termini reali. Le componenti positive del Pil sono state la domanda nazionale al netto delle scorte (+0,4%) e la domanda estera netta (+0,5%), mentre la variazione negativa delle scorte (-0,6%) ha riportato il Pil reale al +0,3%. Va sottolineato come per la prima volta dal 2015 la spesa per consumi finali delle famiglie in beni si è pressoché azzerata (+0,1%) mentre a sostenere la voce ci ha pensato al spesa per consumi di servizi (+0,9%). Anche gli investimenti fissi lordi hanno fatto segnare la crescita più bassa dal 2015 (+1,4%) registrando comunque un aumento in tutte le componenti.