Regolarizzazione lavoratori clandestini e permessi di soggiorno scaduti (art. 103 DECRETO-LEGGE 19 maggio 2020, n. 34)

<br>Emersione di rapporti di lavoro

Con il nuovo decreto legge Rilancio, all’articolo 103 il legislatore ha emesso un provvedimento finalizzato a regolarizzare i rapporti di lavoro subordinato che coinvolgono lavoratori irregolarmente presenti sul territorio nazionale.

A chi è indirizzato il provvedimento

Ai cittadini stranieri in possesso di un permesso di soggiorno scaduto e ai datori di lavoro italiani, comunitari o stranieri con permesso di soggiorno valido e non scaduto che occupano lavoratori irregolari, nei seguenti settori di attività:

agricoltura, allevamento e zootecnia, pesca e acquacoltura e attività connesse;
assistenza alla persona per sé stessi o per componenti della propria famiglia, ancorché non conviventi, affetti da patologie o handicap che ne limitino l’autosufficienza;
lavoro domestico di sostegno al bisogno familiare.

Contratti regolari per i datori, permessi temporanei per i cittadini

Il datore di lavoro ha la possibilità di presentare istanza per concludere un contratto di lavoro subordinato con cittadini stranieri oppure per dichiarare la sussistenza di un rapporto di lavoro irregolare, tuttora in corso, con cittadini italiani o cittadini stranieri.

Il cittadino extracomunitario può presentare istanza per convertire il proprio permesso di soggiorno scaduto dal 31 ottobre 2019 in un permesso di soggiorno temporaneo di durata fino a sei mesi dalla presentazione dell’istanza, oppure in un permesso di soggiorno per motivi di lavoro (esibendo un contratto di lavoro subordinato o altra documentazione comprovante lo svolgimento dell’attività lavorativa).
Cittadini ammessi alla conversione del Permesso

Sono ammessi i cittadini stranieri sottoposti a rilievi fotodattiloscopici prima dell’8 marzo 2020 o che hanno soggiornato in Italia precedentemente alla suddetta data. In entrambi i casi non devono aver lasciato il territorio nazionale dall’8 marzo 2020.

La verifica del soggiorno sarà fatta sulla base della presentazione della dichiarazione di presenza, o di attestazioni costituite da documentazioni di data certa proveniente da organismi pubblici.
Tempi e costi di presentazione dell’istanza

L’istanza deve essere presentata dal 1° giugno al 15 luglio 2020:
Per i datori di lavoro, presso:

l’INPS per i lavoratori italiani o per i cittadini di uno Stato membro dell’Unione europea;
lo sportello unico per l’immigrazione per i lavoratori stranieri;

Per i cittadini stranieri, presso:

la Questura per il rilascio dei permessi di soggiorno.

In attesa del riscontro sull’istanza presentata, lo straniero non può essere espulso dal territorio nazionale. All’atto della presentazione della richiesta, è consegnata un’attestazione che consente all’interessato di soggiornare legittimamente nel territorio dello Stato fino ad eventuale comunicazione dell’Autorità di pubblica sicurezza, di svolgere lavoro subordinato, esclusivamente nei settori di attività sopra indicati, nonché di presentare l’eventuale domanda di conversione del permesso di soggiorno temporaneo in permesso di soggiorno per motivi di lavoro.

I costi di presentazione dell’istanza sono i seguenti:

contributo forfettario a carico del datore di lavoro di 500 euro per ciascun lavoratore per la cessazione o regolarizzazione del rapporto di lavoro irregolare
contributo forfettario a carico del cittadino extracomunitario di 130 euro, al netto del costo della pratica (massimo 30 euro) per la conversione del permesso di soggiorno scaduto in permesso di soggiorno temporaneo
È inoltre previsto il pagamento di un contributo forfettario per le somme dovute dal datore di lavoro a titolo retributivo, contributivo e fiscale, la cui determinazione è stata rimandata ad un provvedimento successivo

Inammissibilità dell’istanza

Le domande di conversione del permesso di soggiorno possono essere presentate solamente da datori di lavoro e relativamente a lavoratori che non hanno subito condanne per reati gravi o commesso delitti, e che sono a loro volta regolarmente soggiornanti sul territorio nazionale o che comunque non hanno in corso una procedura di espulsione.
Cessazione del rapporto di lavoro

Se il rapporto di lavoro cessa, anche per dimissioni o nel caso di contratto stagionale, la perdita del posto di lavoro non costituisce motivo di revoca del permesso di soggiorno al lavoratore extracomunitario ed ai suoi familiari legalmente soggiornanti, ma al contrario esso può essere iscritto nelle liste di collocamento per il periodo di residua validità del permesso di soggiorno, e comunque, salvo che si tratti di permesso di soggiorno per lavoro stagionale, per un periodo non inferiore ad un anno ovvero per tutto il periodo di durata della prestazione di sostegno al reddito percepita dal lavoratore straniero, qualora superiore.
Sospensione procedimenti penali

Dalla data di entrata in vigore del presente decreto fino alla conclusione dei procedimenti sono sospesi i procedimenti penali e amministrativi nei confronti del datore di lavoro e del lavoratore, rispettivamente:

per l’impiego di lavoratori per i quali è stata presentata la dichiarazione di emersione, anche se di carattere finanziario, fiscale, previdenziale o assistenziale;
per l’ingresso e il soggiorno illegale nel territorio nazionale, con esclusione degli illeciti per reati gravi

Sanzioni aggravate per il lavoro irregolare e attestazioni false

Il decreto prevede sanzioni aggravate per i rapporti di lavoro irregolari che coinvolgono lavoratori stranieri che hanno presentato l’istanza del permesso di soggiorno temporaneo. Per il lavoro nero, le sanzioni per il datore di lavoro sono raddoppiate, mentre la pena è aumentata da un terzo alla metà per i reati di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro.

In caso di dichiarazioni false da parte del cittadino, il contratto di soggiorno è nullo e il permesso di soggiorno eventualmente rilasciato è revocato, mentre per il datore di lavoro la presentazione di false dichiarazioni può essere punita con la reclusione da uno a sei anni (aumentata fino ad un terzo se commesse da pubblico ufficiale).