29 Mag Epidemia – art. 438 c.p.
Chiunque cagiona un’epidemia mediante la diffusione di germi patogeni è punito con l’ergastolo.
Se dal fatto deriva la morte di più persone, si applica la pena dell’ergastolo.<br>L’art. 438 punisce con l’ergastolo “chiunque cagiona un’epidemia mediante la diffusione di germi patogeni, la giustificazione della incriminazione viene indicata nell’enorme importanza che ha acquistato la possibilità di venire in possesso di germi capaci di cagionare un’epidemia e di diffonderli”.
Pur trattandosi di una nuova figura criminosa, è possibile individuarne almeno due poli di riferimento storico, rispettivamente nel reato di avvelenamento e in quegli illeciti costituiti dalla inosservanza di norme preventive per salvaguardare la collettività dal contagio di malattie infettive. Elementi costitutivi, in senso materiale, della fattispecie preveduta e punita dall’art. 438 c.p. sono: la rapidità della diffusione, la diffusibilità a un numero indeterminato e notevole di persone, l’ampia estensione territoriale della diffusione del male. Il reato deve, perciò, escludersi se, come nel caso di specie, l’insorgere e lo sviluppo della malattia si esauriscano nell’ambito di un ristretto numero di persone che hanno ingerito un pasto infettato dal germe della salmonella.
Costituisce la materialità del reato di epidemia la diffusione, la diffusibilità, l’incontrollabilità del diffondersi del male in un dato territorio e su un numero indeterminato o indeterminabile di persone; il reato deve perciò escludersi se l’insorgenza e lo sviluppo della malattia si esauriscano nell’ambito di un ente ospedaliero (Trib. Bolzano 20-6-1978, G. mer. 79, 945).
La norma non colpisce chiunque cagioni un’epidemia, ma chi la cagioni mediante la diffusione di germi patogeni con tale espressione si indicano tutti i microorganismi (batteri, virus, protozoi ecc), di cui abbia il possesso, anche “in vivo”, p. es. animali da laboratorio, mentre deve escludersi che una persona affetta da malattia contagiosa abbia il possesso dei germi che l’affliggono (Trib. Bolzano 13-3-1979, G. mer. 79, 945). È richiesto che sussista il pericolo della vita e dell’integrità fisica di un numero rilevante e indeterminato di persone (Trib. Roma, sez. III, 22-3-1982, n. 3358, 870063, che ha escluso l’epidemia in ipotesi di morte di sedici neonati presso il nido di una clinica pediatrica).
Malattia infettiva significa diffusione di germi patogeni in diretto rapporto eziologico con la trasmissione di batteri, virus, o determinati protozoi. Non rileva la distinzione tra microrganismi patogeni e carica batterica, mentre il reato deve escludersi nel caso di malattia parassitaria che nella locuzione germi patogeni includono tutti i microrganismi capaci di produrre malattie infettive, che si riferisce a batteri, bacilli, virus e altri germi.
Per quanto riguarda il profilo della realizzazione, il delitto di epidemia si caratterizza come reato d’evento a forma vincolata, con conseguente impossibilità di configurare il reato ogniqualvolta l’epidemia sia stata provocata con mezzi diversi dai germi patogeni (per es. diffusione di sostanze tossiche, radioattive o in grado di provocare malattie parassitarie).
Il colpevole deve cagionare l’evento della epidemia mediante il particolare comportamento consistente nella diffusione di germi patogeni. Indifferente è il modo in cui si effettua la diffusione, potrà essere spargimento in terra, aria, acqua o sostanze alimentari, in ambienti chiusi o aperti, in luoghi pubblici o privati, messa in circolazione di portatori di germi, attraverso la messa in circolazione di indumenti infetti, o altre cose proveniente da malati, scarico di rifiuti inquinanti in acqua, ecc.
Per l’ipotesi dolosa si richiede la volontà di diffondere germi patogeni, nonché quella di determinare l’evento epidemia (c.d. dolo generico), unitamente alla consapevolezza, da parte dell’agente, della efficacia patogenetica dei germi diffusi.
Comunemente, per epidemia si intende la diffusione rapida di una malattia interessando, in un periodo di tempo relativamente breve, brusco, colpisce un considerevole numero di persone nell’ambito di un territorio o di un gruppo demografico, per poi attenuarsi più o meno rapidamente dopo aver compiuto il suo corso. Più sinteticamente, si afferma che epidemia è malattia infettiva e diffusiva, suscettiva di colpire contemporaneamente un gran numero di persone e di diffondersi ulteriormente nella popolazione per la facile propagazione dei suoi germi, in modo da colpire in un unico contesto temporale un elevato numero di persone, il quale richiede altresì il carattere della straordinarietà. Con tale espressione si indicano tutti i microorganismi (batteri, virus, protozoi ecc.) suscettibili di provocare una malattia infettiva (peste, malaria, meningite, morbillo, rosolia, febbre gialla ecc.), senza necessità di una loro identificazione biologica.
Affinché la fattispecie preveduta e punita dall’art. 438 c.p. possa ritenersi integrata, occorre che la condotta del reato di epidemia, consistente nella diffusione di germi patogeni, cagioni un evento definito come la manifestazione collettiva di una malattia infettiva umana che si diffonde rapidamente in uno stesso contesto di tempo in un dato territorio, colpendo un rilevante numero di persone, rapidamente, tale da destare un notevole allarme sociale e correlativo pericolo.
L’evento che ne deriva è quindi, al contempo, un evento di danno e di pericolo, costituendo il fatto come fatto di ulteriori possibili danni, cioè il concreto pericolo che il bene giuridico protetto dalla norma, rappresentato dall’incolumità e dalla salute pubblica, possa essere distrutto o diminuito (Trib. Trento 16-7-2004, R. pen. 04, 1231).
Ai fini della configurabilità del reato di epidemia, non è sufficiente un evento c.d. “superindividuale”, generico e completamente astratto, ossia avulso dalla verifica di casi concreti causalmente ricollegabili alla condotta del soggetto agente, ciò che porterebbe a confondere il concetto di evento con quello di pericolo; viceversa, il pericolo per la pubblica incolumità che la condotta di epidemia deve determinare e che è dato dalla potenzialità espansiva della malattia contagiosa, è sì un pericolo per un bene “superindividuale”, ma è un pericolo susseguente, il cui accertamento presuppone, perché la fattispecie possa dirsi integrata, la preventiva verifica circa la causazione di un evento dannoso per un certo numero di persone, per giunta ricollegabile, sotto il profilo causale, alla condotta tenuta dal soggetto agente (Trib. Trento 16-7-2004, R. pen. 04, 1231).