Cinque imprese su dieci saranno a corto di liquidità entro fine 2020, quattro su dieci segnalano rischi di sostenibilità: cosa emerge dal rapporto Istat sul Covid-19

<br>Oltre la metà delle imprese prevede di essere a corto di liquidità entro la fine dell’anno, il 38% segnala rischi operativi e di sostenibilità della propria attività. Questo il quadro allarmante tracciato dalla rilevazione dell’Istat sulla situazione e le prospettive delle imprese nell’emergenza sanitaria Covid-19. L’Istituto nazionale di statistica ha infatti intervistato circa 90mila imprese con 3 o più addetti tra l’8 e il 29 maggio 2020, “l’obiettivo di raccogliere valutazioni direttamente dalle imprese in merito agli effetti dell’emergenza sanitaria e della crisi economica sulla loro attività”.

Secondo l’Istat durante il lockdown (fino al 4 maggio 2020) solo il 32,5% delle imprese è sempre rimasto attivo, il 22,5% ha ripreso prima del 4 maggio e il restante 45% è rimasto sospeso fino al 4 maggio. Interessante analizzare le singole voci che compongono quest’ultimo gruppo: il 18,8% delle imprese (circa 191.572) ha ripreso l’attività dopo il 4 maggio, un altro corposo 25,0% (circa 254.469) riprenderà le attività entro la fine dell’anno e ben l’1,2% (12.596) delle imprese ha già dichiarato che non riprenderà l’attività. Ad essere maggiormente colpite dalle misure di contenimento del contagio sono state le micro e piccole imprese. Risulta infatti che il 48,7% delle microimprese (3-9 addetti) e il 32,7% delle piccole imprese (10-49 addetti) sia rimasta chiusa, contro il 19,2% delle medie (50-250 addetti) e il 14,5% delle grandi (oltre 250 addetti).

Oltre il 70% delle imprese dichiara una riduzione del fatturato nel bimestre marzo-aprile 2020 rispetto allo stesso periodo del 2019: in oltre quattro casi su dieci il fatturato si è più che dimezzato, nel 27,1% si è ridotto tra il 10 e il 50%, nel 3% dei casi meno del 10% e nel restante 8,9% delle imprese il fatturato risulta stabile. È bene sottolineare come il 70% delle imprese che si è visto ridurre il fatturato rappresenti il 73,7% dell’occupazione totale. Nel rapporto dedicato al fatturato e gli ordinativi dell’industria del mese di aprile (pubblicato il 17 giugno 2020) Istat stima che il fatturato dell’industria si sia ridotto del 46,9% rispetto allo stesso mese del 2019 mentre l’indice grezzo degli ordinativi si sia quasi dimezzato (-49,0%).

Il blocco delle attività produttive e il crollo del fatturato, anche dovesse essere seguito da una ripresa a V (sempre più esclusa dagli esperti specialmente in questa parte d’Europa), provocherà effetti pesanti nel breve termine. Secondo le imprese, dice Istat, la crisi produrrà effetti di medio periodo per quasi nove realtà su dieci. Oltre la metà delle imprese prevede una mancanza di liquidità per far fronte alle spese che si dovranno sostenere fino alla fine del 2020 e il 38% segnala rischi operativi e di sostenibilità della propria attività. Come prevedibile, il rischio di liquidità è inversamente proporzionale alla dimensione della realtà: “La mancanza di liquidità è tanto più diffusa quanto minore è la dimensione aziendale, interessata anche da una dinamica più negativa del fatturato”. “Dal punto di vista settoriale è più accentuata per le imprese delle costruzioni, soprattutto se piccole (che rappresentano il 56,4% del totale) e per le micro imprese dell’industria in senso stretto (56,0%)” e nei prossimi mesi quasi un’impresa su tre si aspetta una contrazione del fatturato a causa della riduzione della domanda locale e nazionale. Quattro imprese su dieci hanno fronteggiato il fabbisogno di liquidità con nuovo debito bancario (42,6%), soprattutto le imprese micro e piccole. Altra strada percorsa il differimento nei rimborsi dei debiti (15,5% dei casi). Per quanto riguarda gli strumenti non bancari, la modifica delle condizioni e il differimento dei termini di pagamento con i fornitori sono soluzioni adottate da circa un quarto delle imprese (25,3%). Solo circa il 23% delle imprese dichiara che non ricorrerà ad alcuno strumento per fronteggiare la mancanza di liquidità. Secondo la rilevazione dell’Istat circa il 42,8% delle imprese avrebbe fatto richiesta di accesso ad almeno una delle misure di sostegno della liquidità e del credito contenute nel DL 18/2020 e nel DL 23/2020, la maggioranza delle quali sarebbero di piccole dimensioni (43,0% microimprese). Le richieste di accoglimento pare presentino tempi di risposta lunghi: “Al momento dello svolgimento della rilevazione (tra l’8 e il 28 maggio), il 57,4% dei richiedenti era ancora in attesa dell’esito della domanda (58,1% in termini di addetti). Oltre un terzo delle imprese (35,1%) che hanno presentato domanda ha ricevuto una risposta positiva, il 6,2% l’ha vista accogliere solo in parte mentre 1,4% ha avuto esito negativo”, dice l’Istat.

Oltre il danno, la beffa: alla difficoltà nel far fronte ai propri impegni di cassa nel breve termine le aziende si trovano a dover adeguare gli spazi lavorativi per ottemperare alle misure di distanziamento sociale. Il 56,3% delle imprese ha già adottato questa misura precauzionale, il 29,3% non ha ancora provveduto ma afferma di poterlo fare e ben il 14,4% dichiara che gli spazi di lavoro risultano impossibili da adeguare. Il settore più in difficoltà sotto questo aspetto risultano essere le costruzioni (il 29,4% afferma di non essere nella condizione di adeguarsi). Il problema si acuisce poi nelle imprese più piccole: il 15,3% delle microimprese si dichiara impossibilitata ad adattarsi, così come l’11,6% delle piccole. Nelle grandi la percentuale scende al 4,3%.