Attività dei Comuni per il recupero dei crediti IMU quando il proprietario è fallito o sottoposto a esecuzioni immobiliari

<br>I Comuni amministrano la vita cittadina ed erogano servizi reperendo le risorse principalmente dai tributi locali, dalla contribuzione alla spesa, dalle multe e dai trasferimenti dello Stato.

L’incasso dei tributi e delle multe avviene prevalentemente attraverso i versamenti volontari ma, per un principio di equità nei confronti di chi adempie ai propri obblighi contributivi, e per ragioni di cassa, il Comune deve compiere anche l’attività di accertamento e di riscossione di quanto non spontaneamente versato.

Per molte amministrazioni comunali il numero ridotto di abitanti aumenta le difficoltà di accertamento e riscossione, che diventano molto onerose quando il cittadino adisce il contenzioso o, peggio, non ha i soldi per pagare. Capita pertanto che la soluzione adottata dal Comune sia il disinteresse per l’attività di recupero o l’abbandono del credito. Viceversa, l’azione tempestiva di accertamento e monitoraggio della posizione è l’attività che potrebbe fornire risultati utili.
Nel presente articolo ci occupiamo dell’IMU vantata dai Comuni per immobili di proprietà di soggetti falliti o sottoposti ad esecuzione immobiliare.

La nostra esperienza ci fa ritenere che il comportamento delle amministrazioni comunali, per cercare di recuperare l’IMU ad essa spettante, nella maggioranza dei casi si limiti a quanto segue:

se il soggetto è fallito il Comune, di prassi, procede all’insinuazione al passivo per le annualità precedenti la dichiarazione di fallimento, nel limite della prescrizione per l’accertamento;
se il soggetto subisce una esecuzione immobiliare, di prassi il Comune non interviene.

Questo comportamento porta normalmente ad ottenere incassi molto ridotti e non pare il più corretto da adottare al fine di massimizzare il risultato.

Si esaminano di seguito i due casi ipotizzati (fallimento ed esecuzione immobiliare) e si suggeriscono correttivi che permettano di aumentare le possibilità di incasso, con la precisazione che la soluzione più economica per i Comuni di dimensioni ridotte è probabilmente l’esternalizzazione del servizio ad un soggetto specializzato, con pagamento a percentuale sull’incassato.

Partiamo dal CASO 1 – il proprietario dell’immobile è fallito
Sui beni immobili che il curatore ha inventariato, siti nel Comune, l’interesse dell’Amministrazione Comunale riguarda un duplice periodo:

il recupero dei crediti IMU maturati nel periodo ANTERIORE la dichiarazione di fallimento. Come detto, di prassi e in maggioranza i Comuni si attivano, presentando istanza di insinuazione al passivo del fallimento. L’esperienza porta ad affermare che le speranze di recupero di tali crediti sono limitate, poiché il grado di privilegio vantato dal Comune per tali crediti non è elevato (privilegio generale mobiliare con collocazione art. 2778 c.c. n. 20)
Molto elevate sono viceversa le probabilità di recuperare gli importi IMU che maturano nel periodo a partire dalla dichiarazione di fallimento e sino al decreto di trasferimento (ossia la vendita). Il CURATORE FALLIMENTARE ha infatti l’onere di versare l’IMU dovuta (il tutto entro tre mesi dalla data della pubblicazione del decreto di trasferimento) (1). Questo vuol dire che, per il Comune, questi incassi sono pressoché certi poiché il Curatore è obbligato a versare l’IMU al Comune, anche a discapito dei creditori ipotecari, che vengono dopo nel grado di prelazione.
Questo obbligo in capo al Curatore è però, a nostro parere, opportuno che sia allo stesso ricordato con apposita PEC sin a partire dal fallimento, in modo che lo stesso Curatore prenda piena consapevolezza dell’obbligo a suo carico. Si suggerisce inoltre al Comune di tenere monitorata la situazione, con periodiche richieste di informazioni relative alla vendita del bene, per evitare che il Curatore effettui un riparto delle somme disponibili dimenticando di versare l’IMU (ex ICI) al Comune.

Esaminiamo ora il CASO 2 – l’esecuzione immobiliare inizia nei confronti di un debitore che, nel corso della procedura esecutiva, viene dichiarato fallito (variante del caso 1)
Succede spesso che un’esecuzione immobiliare sia avviata nei confronti di un imprenditore (ditta individuale o società) e che, proprio per effetto dei debiti contratti e dell’azione di alcuni creditori, l’imprenditore perda la capacità di recuperare l’equilibrio economico/finanziario e subisca la dichiarazione di fallimento.
Spesso in questi casi, per comodità, il nominato curatore del fallimento decide di non avocare a sé la vendita dell’immobile, ma lascia proseguire la procedura esecutiva, sino alla vendita (intervenendo e sostituendosi al creditore procedente il più tardi possibile).
Anche in questo caso vale però la regola del precedente caso 1, ossia il Curatore Fallimentare ha l’onere di versare l’IMU dovuta (entro tre mesi dalla data del decreto di trasferimento).

Pertanto, in questo caso, il Curatore si deve fare parte attiva e depositare apposita istanza al Giudice dell’Esecuzione per farsi versare sul conto del fallimento l’IMU che dovrà poi riversare al Comune.
Anche in questo caso il controllo del Comune deve essere attento e pressante, per fare in modo di incassare i crediti IMU maturati nei confronti del fallimento per il periodo successivo alla dichiarazione di fallimento e che gli spettano con preferenza rispetto agli altri creditori dell’esecuzione.

Possono infatti verificarsi due fattispecie per le quali il Curatore del fallimento non si avvede del proprio obbligo:

a) il Curatore del fallimento non interviene nella procedura esecutiva e conseguentemente non partecipa alla distribuzione del ricavato dalla vendita, alla quale avrebbe diritto – dedotte unicamente le spese di procedura ed eventualmente l’importo spettante al creditore ipotecario fondiario;
b) il creditore fondiario chiede di incassare interamente e direttamente l’importo a lui spettante (in base all’art. 41 del Testo Unico Bancario) e il delegato alla vendita (e/o il Giudice dell’Esecuzione) accolgono tale richiesta.

In entrambi i casi la conseguenza è che il fallimento non incassa alcun importo dalla procedura esecutiva e al Curatore pare quasi di non avere alcun obbligo per l’IMU maturata nel periodo successivo la dichiarazione di fallimento.
Ma questo comportamento non è corretto.
Occorre innanzitutto evidenziare che l’assegnazione del creditore fondiario ex art. 41 TUB è in via provvisoria mentre il riparto del ricavato della vendita è fatto, in via definitiva, avendo riguardo allo stato passivo del fallimento (al quale anche il creditore fondiario deve chiedere l’ammissione).
In ogni caso il fallimento, se la procedura esecutiva ha incassato un importo superiore alle spese di procedura, deve chiedere al Giudice dell’Esecuzione l’IMU maturata nel periodo successivo la dichiarazione di fallimento (e sino al decreto di trasferimento) e poi la deve riversare al Comune.

Passiamo infine al CASO 3: ESECUZIONE IMMOBILIARE, nella quale l’esecutato (persona fisica o giuridica) non sia fallito.
In questo caso l’obbligo di versamento delI’IMU rimane in carico ad un soggetto (il debitore pignorato) che spesso non ha le risorse per pagare né i suoi creditori, né le imposte.
La probabilità di recuperare il credito sono molto più ridotte, rispetto ai casi precedenti, ma è ugualmente interesse del Comune attivarsi per cercare di recuperare il credito.
Il credito del Comune è chirografario e l’attività che occorre mettere in atto è duplice:

a. una volta accertato il credito nei confronti dell’esecutato occorre intervenire tempestivamente nella procedura esecutiva per fare valere tale credito (2).
b. in sede di deposito della nota di precisazione del credito (da produrre se si verifica la possibilità che residuino fondi dalla vendita dei beni a beneficio dei creditori chirografari tempestivi ed eventualmente anche tardivi) evidenziare tutto il credito maturato sino alla vendita del bene.

La nostra esperienza ci permette di affermare che, in alcune esecuzioni, l’importo incassato dalla vendita esecutiva permetterebbe di soddisfare – in tutto o in parte – anche questi creditori, ma l’Ente pubblico, per prassi, non interviene nella procedura e non richiede quanto glispetta.
Note:
(1) Il riferimento è l’art. 9, VII comma, D. Lgs 14/03/11 n. 23 che richiama l’art. 10, VI comma, D. Lgs 30/12/92 n. 504. La norma si riferisce specificamente al fallimento e alla liquidazione coatta.
(2) Ai sensi dell’articolo 569 c.p.c. l’intervento del creditore è tempestivo se è effettuato prima del provvedimento del Giudice dell’Esecuzione che autorizza la vendita del bene.

Fonte: http://www.studiomeli.it