10 Set Le nuove disposizione attuative in materia di ACE (Aiuto alla Crescita Economica)
L’Aiuto alla Crescita Economica è disciplinato dal D.L. 201/2011 ed è un’agevolazione il cui scopo è la capitalizzazione delle imprese, che opera detassando una parte degli incrementi di patrimonio netto tramite una deduzione dal reddito d’impresa, ma non dalla base imponibile IRAP, di un importo corrispondente al rendimento nozionale del nuovo capitale proprio.<br>
Possono beneficiare dell’ACE le società di capitali, gli enti commerciali e le stabili organizzazioni dei soggetti non residenti, le persone fisiche esercenti attività d’impresa, le società in nome collettivo e in accomandita semplice, purché operino in contabilità ordinaria per natura o per opzione.
Il D.M. 3 agosto 2017, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 187 dell’11 agosto 2017, ha disposto nuove regole per l’attuazione dell’ACE in relazione agli effetti dei nuovi OIC introdotti dal D.Lgs 139/2015 e un nuovo meccanismo per il calcolo dell’agevolazione in capo ai soggetti IRPEF.
Il D.M. ha inserito all’art. 12 delle clausole di salvaguardia tramite cui rimangono salvi i comportamenti adottati per i periodi d’imposta precedenti a quelli in corso all’entrata in vigore del D.M 3 agosto 2017 per i quali i termini di versamento delle imposte sono scaduti anteriormente a tale data (la clausola riguarda quindi anche i “soggetti solari 2016”) sia per i soggetti IRPEF che per i soggetti IRES.
Per i soggetti IRES, ai fini del calcolo dell’agevolazione, la base ACE, sulla quale applicare il coefficiente di remunerazione, è rappresentata dall’importo minore tra il patrimonio netto a fine esercizio e la variazione in aumento del capitale proprio, rispetto a quello in essere alla chiusura dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2010, al netto dell’utile dell’esercizio.
Gli elementi positivi della variazione del capitale proprio sono costituiti dai conferimenti in denaro (dalla data di versamento) e dagli utili accantonati a riserva, anche legale (non rilevano però le riserve indisponibili); tra i conferimenti in denaro rientrano anche quelli versati per acquisire la qualificazione dei soci, la rinuncia incondizionata dei soci alla restituzione dei crediti verso la società e la compensazione dei crediti in sede di sottoscrizione di aumenti di capitale.
Non hanno alcuna rilevanza, invece, i conferimenti in natura e i finanziamenti effettuati dai soci.
Rilevano quali fattori decrementativi, gli acquisti di partecipazioni in società controllate, aziende o rami, e le riduzioni di patrimonio netto con attribuzione ai soci o ai partecipanti; i decrementi si considerano a partire dall’inizio dell’esercizio in cui si sono verificati.
In materia di prima adozione dei nuovi principi contabili, il D.M. 3 agosto 2017 ha disposto che le rettifiche del patrimonio netto derivanti dall’eliminazione dei costi di ricerca e pubblicità capitalizzati antecedentemente al 2016(1) e derivanti dall’adozione retrospettica del costo ammortizzato, rilevano ai fini della determinazione della variazione in aumento del capitale proprio ai fini ACE.
La relazione al decreto giustifica la rilevanza derivante dall’eliminazione dei costi capitalizzati in funzione dell’effetto che l’eliminazione stessa produce in termini di mancati ammortamenti nei successivi esercizi che avrebbero ridotto l’utile di esercizio rilevante ai fini ACE.
Ai fini del calcolo non rilevano le riserve che si sono formate con utili derivanti dalla valutazione al fair value degli strumenti finanziari o derivanti da plusvalenze iscritte per effetto di conferimenti d’azienda o rami d’azienda.
In tema di azioni proprie, il D.M. ha disposto che tra gli elementi negativi deve essere inclusa la variazione del capitale proprio conseguente all’acquisto di azioni proprie ex art. 2357 bis C.C.; è il caso dell’acquisto di azioni proprie a seguito di delibera assembleare per la riduzione del capitale, da attuarsi mediante riscatto e annullamento di azioni.
Se invece le azioni proprie vengano acquistate ai sensi dell’art. 2357 e poi rivendute, si producono i seguenti effetti: al momento dell’acquisto si registra una diminuzione del capitale proprio fino a concorrenza degli utili accantonati a riserva che negli esercizi precedenti abbiano rilevato ai fini ACE quale variazione in aumento, al momento della rivendita si ripristina l’incremento del patrimonio netto che in precedenza era stato eliminato ai fini ACE.
Se il corrispettivo di cessione delle azioni proprie è superiore al costo d’acquisto, l’incremento patrimoniale contabilizzato costituisce un incremento rilevante ai fini ACE. Se invece la cessione delle azioni proprie avviene per un corrispettivo inferiore rispetto al costo di acquisto, la differenza assume rilevanza come variazione diminutiva permanente ai fini ACE.
I finanziamenti infruttiferi erogati dai soci non rilevano ai fini della determinazione delle variazioni in aumento del capitale proprio.
A partire dal periodo d’imposta 2016, per i soggetti diversi da banche e imprese di assicurazione, non rilevano ai fini ACE, le variazioni in aumento del capitale proprio sino a concorrenza dell’incremento delle consistenze dei valori mobiliari e dei titoli diversi dalle partecipazioni(2) rispetto a quelli risultanti dal bilancio dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2010.
In merito alle modalità operative per il calcolo dell’ACE si ricorda che:
i conferimenti in denaro rilevano a partire dalla data in cui sono effettuati,
gli accantonamenti a riserva degli utili rilevano a partire dall’inizio dell’esercizio in cui le riserve stesse si sono formate
e la rinuncia ai crediti rileva dall’atto di rinuncia.
Le variazioni del capitale proprio non possono essere maggiori del patrimonio netto risultante dal bilancio, con esclusione delle riserve per acquisto di azioni proprie; per la determinazione del patrimonio netto rilevano le rettifiche operate in sede di first time adoption dei principi contabili.
Alla base ACE viene poi applicato un coefficiente di remunerazione, che per il 2016 è pari a 4,75% e per il 2017 sarà pari a 1,6%.
Per i soggetti IRPEF(3), in contabilità ordinaria la base ACE è determinata secondo le medesime regole per le società d capitali, fondate sulla variazione incrementativa del capitale proprio. Ai fini del calcolo delle deduzione ACE peri soggetti IRPEF occorre prendere a riferimento la somma algebrica, se positiva, di due componenti:
una componente statica, rappresentata dalla differenza tra il patrimonio netto al 31 dicembre 2015 e il patrimonio netto al 31 dicembre 2010 (entrambi al lordo degli utili d’esercizio);
una componente dinamica, rappresentata dagli incrementi registrati dal 1° gennaio 2016, calcolati con le regole previste per le società di capitali.
Gli utili d’esercizio rilevano al netto dei prelievi in conto utili nell’esercizio di maturazione e non in quello successivo come avviene per i soggetti IRES.
Se il passaggio alla contabilità ordinaria è avvenuta nel quinquennio 2011-2015, la componente statica è quella determinata dalla differenza tra il patrimonio netto al 31 dicembre 2015 e il patrimonio netto desunto dal prospetto redatto all’atto del passaggio.
Sia per i soggetti IRPEF che IRES, il D.M. 3 agosto 2017, ha inserito delle clausole anti-abuso, in base alle quali le variazioni in aumento del capitale proprio sono ridotte nel caso di:
conferimenti in denaro a favore di società del gruppo;
acquisto di partecipazioni in società controllate già appartenenti al gruppo;
acquisto di aziende o rami di aziende da società del gruppo;
incremento, rispetto a quelli in bilancio al 31 dicembre 2010, dei crediti da finanziamento nei confronti di società del gruppo;
conferimenti in denaro provenienti da soggetti domiciliati in Stati o territori con scarso scambio di informazioni.
Ai fini della disapplicazione delle clausole anti-abuso la società può presentare istanza di interpello ai sensi dell’art. 11, comma 1, lett. b) della Legge 212/2000 o in alternativa compilare i righi RS115 del modello REDDITI SC (RS56 per il modello REDDITI SP o rigo RS38 per il modello REDDITI PF).
La deduzione ACE può essere utilizzata solo dopo avere scomputato per perdite pregresse dal reddito lordo e sino a concorrer all’importo residuale. L’eventuale eccedenza non comporta l’emersione di una perdita fiscale, ma può essere riportata negli esercizi successivi.
In alternativa al riporto dell’eccedenza ACE non utilizzata è possibile trasformare la stessa in un credito d’imposta IRAP(4).
I soggetti IRES dovranno applicare l’aliquota d’imposta all’eccedenza alla quale rinunciano, mentre i soggetti IRPEF dovranno applicare le aliquote a scaglioni di reddito (esattamente come operano per il calcolo dell’IRPEF).
L’importo così ottenuto sarà utilizzabile in diminuzione dell’IRAP, in cinque quote annuali di pari ammontare, nel limite dell’IRAP dovuta di ogni esercizio.
Le quote di credito IRAP non possono formare oggetto di istanza di rimborso e la conversione dell’eccedenza ACE in credito IRAP non può essere revocata per ragioni di certezza e semplificazione.
Note:
1. Si ricorda, a tal proposito, che le nuove regole contabili introdotte dal D.Lgs 139/2015 hanno richiesto l’obbligo di eliminare eventuali costi di ricerca e pubblicità capitalizzati con l’utilizzo in contropartita delle riserve per utili portati a nuovo. Anche l’adozione retrospettica del criterio del costo ammortizzato impatta sull’entità delle medesime riserve.
2. Per l’individuazione dei titoli e dei valori mobiliari occorre fare riferimento alla nozione ex art. 1 comma 1 bis del TUF.
3. L’art. 1, comma 550, lett. e) della Legge 232/2016, ha sostituito il comma 7 dell’art. 1 del D.L. 201/2011, stabilendo che la disciplina ACE si applica anche al reddito d’impresa delle persone fisiche, delle società in nome collettivo e delle società in accomandita semplice in regime di contabilità ordinaria già a partire dall’esercizio 2016.
4. Art. 1, comma 4, del D.L. 201/2011, così come modificato dall’art. 19, comma 1, lett. b), del D.L. 91/2014.