09 Ott La road map del curatore fallimentare
L’attività del curatore fallimentare è costellata da scadenze e termini, disseminati tra legge fallimentare e norme fiscali. Al fine di offrire al curatore una tabella di marcia e una tempistica, il prospetto cronologico che segue può costituire uno strumento per meglio orientarsi tra le operazioni per le quali sono previste esplicite scadenze.<br>La road map
La tabella che segue distingue le “operazioni principali”, per le quali vige un termine fisso, e le “operazioni collegate” alle precedenti, per le quali il termine è mobile.
Ove non diversamente indicato, i termini riportati sono essenzialmente decorrenti dalla sentenza dichiarativa di fallimento, ovvero dalla sua notifica al curatore (con l’avvento del processo telematico, emissione e notifica della sentenza sono quasi sempre contestuali).
Sono però evidenziati termini attinenti a eventi che non dipendono dal curatore (es., il deposito delle scritture contabili da parte del fallito; la presentazione delle domande di ammissione al passivo; la verifica dello stato passivo), ma che ne determinano una specifica attività.
Ogni operazione reca tra parentesi la norma regolatrice che, se non diversamente indicato, è riferita alla legge fallimentare.
La colonna “Data” può essere utilizzata dall’operatore che intenda stampare la tabella, per riportarvi le scadenze relative alla singola procedura fallimentare.
Elaborazione: Antonino Desi©
Note alla tabella
I primi 60 giorni sono indubbiamente quelli più densi di incombenze, poiché vedono accavallarsi le operazioni preliminari finalizzate alla redazione dell’inventario (“nel più breve termine possibile”, statuisce l’art. 87) il quale, ove non venga preceduto dalla quasi sempre omessa apposizione dei sigilli (da apporre “immediatamente”, secondo l’art. 84), deve comunque necessariamente essere preceduto da una prima tempestiva ricognizione sommaria, volta a verificare lo stato dei beni e acquisire le scritture contabili (che il fallito dovrebbe aver depositato entro 3 gg, almeno secondo quanto disposto dalla sentenza di fallimento ai sensi dell’art. 16, co. 1, n. 3), sia per assicurare il patrimonio evitandone la dispersione, sia per avere contezza di tutti i più delicati rapporti contrattuali in essere che impongono un intervento del curatore quanto mai sollecito (lavoro dipendente, affitti, locazioni, appalti, patrimoni destinati e fondi patrimoniali, trust, contratti di somministrazione energetica, polizze assicurative, etc.).
Parlando sempre di scadenze, da queste prime attività scaturiranno:
a) l’inventario con il successivo programma di liquidazione (quest’ultimo “entro 60 gg dalla redazione dell’inventario e in ogni caso non oltre 180 gg dalla sentenza dichiarativa di fallimento”, secondo il disposto dell’art. 104-ter, a pena di possibile revoca dell’incarico);
b) l’eventuale trascrizione della sentenza nei pubblici registri, a mezzo notifica al competente ufficio (art. 88) con l’osservanza del termine di 30 gg (art. 2671 c.c.);
c) il deposito di un elenco dei creditori e la redazione del bilancio dell’ultimo esercizio (art. 89: la legge non prevede scadenze, né sanzioni per la mancata osservanza);
d) l’invio in p.e.c. dell’avviso ai creditori (“senza indugio”, statuisce l’art. 92); avviso, quest’ultimo, che avrà visto come incombenze prodromiche le comunicazioni al Registro Imprese di cui al D.L. 179/12 e al D.L. 78/10, rispettivamente entro 10 gg dalla sentenza e 15 gg dall’accettazione della carica (incombenze riunibili nella Comunicazione Unica, ricomprendendovi la variazione dati IVA che scadrebbe in 30 gg a norma dell’art. 35, DPR 633/72);
e) la relazione al giudice delegato, il cui termine di 60 gg dalla sentenza (art. 33) è sovente prorogato su istanza del curatore il quale, tuttavia, dovrà già disporre di un panorama completo della situazione, poiché dovrà fare attenzione a formalizzare nello stesso termine eventuali atti negoziali (non prorogabili), quali il recesso dal contratto di affitto d’azienda (art. 79) e il subentro nei contratti di appalto (art. 81). Incombenze, queste ultime, che a loro volta impongono l’avvenuta costituzione del comitato dei creditori (l’art. 79 non vi accenna solo per difetto di tecnica legislativa), che dovrebbe essere avvenuta nei 30 gg dalla sentenza (art. 40) “sentiti” il curatore (che però è praticamente sempre il soggetto propulsore) e i creditori che abbiano dato preventiva disponibilità all’incarico;
f) la verifica di procedimenti giudiziali in corso, tenendo presente che:
f.1) le azioni esecutive e cautelari contro il fallito sono improcedibili (art. 51), salvo che il curatore non vi subentri (art. 107, co. 6);
f.2) per le cause civili pendenti, occorre vagliare l’opportunità di proseguirle, poiché sono soggette a interruzione (art. 43, co. 3, e art. 299 cod. proc. civ.) e si estinguono se non riassunte entro 3 mesi (art. 305 cod. proc. civ.) su autorizzazione (anche successiva, in ratifica) del giudice delegato (art. 31, co. 2). Lo stesso vale per i procedimenti avanti le commissioni tributarie che, una volta interrotti (art. 40, co. 1, lett. a, D.Lgs. 546/92) si estinguono ove non riassunti entro 6 mesi dall’interruzione (art. 43, D.Lgs. 546/92);
f.3) le sentenze non ancora passate in giudicato alla data di dichiarazione del fallimento (non anche i decreti ingiuntivi) vanno impugnate nei termini in corso, qualora il curatore non ritenga fondate le ragioni di credito ivi affermate (art. 96, co. 3, n. 3).
Tutte le scadenze di cui sopra, ricevono ulteriore impulso qualora l’impresa sia stata ammessa all’esercizio provvisorio (art. 104), nel qual caso si impone un più stringente rapporto tra il curatore e il comitato dei creditori, che andrà convocato “almeno ogni tre mesi”.
A questi primi 60 gg seguono altre scadenze non meno pressanti:
a) ove l’udienza (“adunanza”) di verifica dello stato passivo sia stata fissata nel termine perentorio (perentorietà sovente non rispettata dai tribunali) di 120 gg dalla sentenza (ovvero 180 gg in caso di particolare complessità della procedura: art. 16, co. 1, n. 4), il curatore si vedrà costretto 30 gg prima ad iniziare l’esame delle domande di credito pervenute, onde depositare il progetto di stato passivo nel termine di 15 gg prima dell’udienza (art. 95), salvo che almeno 20 gg prima non ritenga di presentare istanza per non farsi luogo all’accertamento del passivo per previsione di insufficiente realizzo (art. 102): tutto questo comporta, quindi, un complesso di adempimenti praticamente già a circa tre mesi dalla sentenza; in concomitanza, avremo anche:
b) entro 90 gg dalla sentenza, la comunicazione di avvio del procedimento al Comune ai fini dell’IMU (art. 10, co. 6, D.Lgs. 504/92), sempreché il Comune non sia stato tra i destinatari dell’avviso di cui all’art. 92 (soluzione consigliabile);
c) entro 4 mesi, la presentazione del mod. IVA 74-bis (art. 8, DPR 322/98) e ulteriori formalità IVA.
Successivamente, in parallelo con le attività di liquidazione dell’attivo (che può essere iniziata anche prima della verifica del passivo), si determinerà una serie di ricorrenze con scadenze mobili, aventi ad oggetto la presentazione dei prospetti di disponibilità ogni 4 mesi dalla verifica del passivo (art. 110) e dei rapporti riepilogativi ogni 6 mesi dalla relazione principale (art. 33, co. 5: in pratica, relazioni semestrali), nonché le operazioni di verifica delle domande di credito tempestive (art. 95), tardive (art. 101, co. 2) e ultratardive (art. 101, co. 4). Queste incombenze, unitamente a quelle tributarie, si rincorreranno via via con continui accavallamenti, sia tra loro che con altri termini fissi.
In pratica, se tutti i termini venissero rispettati, si avrebbe la seguente scansione (per comodità, le scadenze in giorni sono rapportate a mesi):
Naturalmente, data la teoricità del termine biennale di completamento della liquidazione dell’attivo, l’ulteriore protrarsi della procedura fallimentare comporterà il proseguimento nella presentazione di continui prospetti di disponibilità e rapporti riepilogativi, che si susseguiranno sino alla definitiva presentazione del conto di gestione e della ripartizione finale.
In ultimo, si avrà il decreto di chiusura e la cancellazione della società fallita dal Registro delle Imprese. Rispetto al decreto di chiusura, perdura sino a 2 anni l’obbligo di conservazione della posta elettronica, inviata e ricevuta, giusta quanto disposto dall’art. 31-bis. La norma è però sguarnita di sanzione.
Abbiamo volutamente omesso i termini del procedimento di opposizione allo stato passivo (art. 99), le cui incombenze gravano, da una parte, sul creditore opponente e, dall’altra, sul legale che assiste il fallimento nel procedimento.
Menzioniamo, invece, tre termini non inseriti in tabella per la loro specificità che non li rende collocabili cronologicamente:
art. 34: deposito entro 10 gg sul conto bancario delle somme riscosse dalle singole operazioni di liquidazione;
art. 26: termine di 10 gg per proporre reclamo contro i decreti del giudice delegato o del tribunale; ove trattasi di decreto di chiusura del fallimento, il termine per il reclamo in corte d’appello rimane di 10 gg ma, avverso la decisione di secondo grado, è possibile il ricorso per cassazione nel termine di 30 gg che l’art. 119 definisce perentorio;
art. 36: termine di 8 gg per ricorrere al tribunale contro i decreti del giudice delegato che decidono specificamente sui reclami presentati avverso atti del curatore.
L’art. 36-bis stabilisce che tutti i termini processuali previsti negli articoli 26 e 36 non sono soggetti alla sospensione feriale. Trattasi dell’unica norma che si esprime sui termini della procedura fallimentare.
La natura dei termini procedurali
Generalmente, chi opera “sul campo”, come il curatore fallimentare, è sensibile più agli aspetti pragmatici che alle disquisizioni teoretiche in punto a questioni classificatorie o nominalistiche.
Invero, una ragione giustificatrice di questa tendenza c’è: ed è la singolarità che le scadenze degli adempimenti di curatela rivestono, sfuggendo a quella rigida distinzione che conosciamo, tra termini perentori e termini ordinatori, per classificarsi essenzialmente ora tra gli uni, ora tra gli altri, con la più pertinente definizione di termini “acceleratori”, ossia volti a imprimere un impulso al procedimento. Da qui, il preferibile lemma di “scadenze”.
Ma non sempre è così semplice.
Le scadenze fiscali, ad esempio, non sono termini processuali ma, di fatto, non sono derogabili se non nei limiti via via previsti dalle specifiche leggi tributarie (è il caso delle dichiarazioni fiscali tardive, o dei versamenti in ravvedimento operoso).
Per le operazioni di natura procedurale in senso stretto, i termini non sono cogenti se non nella misura in cui la loro mancata osservanza può in qualche modo ricadere sul curatore sotto forma di “rimedio” piuttosto che di sanzione. Ad esempio, il termine di due giorni per l’accettazione della nomina, se non rispettato, può determinare la sostituzione del curatore; ma è da ritenersi che la tardiva accettazione non incida sulla validità ed efficacia della nomina, sempre che intervenga prima che il tribunale abbia provveduto alla sostituzione (CASS., 28 maggio 1979 n. 3079). Allo stesso modo, la mancata osservanza del termine di presentazione del programma di liquidazione (art. 104-ter), come pure il mancato rispetto dei termini previsti dal programma, o la mancata presentazione dei progetti semestrali di ripartizione (art. 110), sono giusta causa di revoca del curatore: anche qui, però riteniamo più per sopperire all’evenienza, che per sanzionare il professionista.
Per gli stessi motivi e, più specificamente, per la loro natura acceleratoria, i termini cui è soggetto il curatore si sottraggono alla sospensione feriale.