Conto corrente condominiale, le cose da sapere

Quando è necessario aprire un conto corrente intestato al condominio?
A chi spetta tale incombenza?
In che modo va utilizzato il conto corrente condominiale?
Che cosa accade se il conto non viene aperto e/o utilizzato?
Chi ed in che modo può avere accesso alla documentazione periodica inviata dall’istituto di credito?<br>Questi i principali quesiti sull’argomento cui andremo a dare risposta qui di seguito.

Partiamo dall’obbligo di apertura ed utilizzazione del conto corrente condominiale: si tratta di un adempimento che la legge pone in capo all’amministratore condominiale.

In particolare, ai sensi dell’art. 1129, settimo comma, c.c. «L’amministratore è obbligato a far transitare le somme ricevute a qualunque titolo dai condomini o da terzi, nonché quelle a qualsiasi titolo erogate per conto del condominio, su uno specifico conto corrente, postale o bancario, intestato al condominio».
Il primo periodo tale di norma, in effetti, contiene le risposte ad alcune delle domande che abbiamo posto in principio.

Alle prime due può essere data la seguente soluzione: il conto corrente condominiale deve essere aperto dall’amministratore di condominio tutte le volte in cui si provvede alla sua nomina. Non importa se la nomina sia obbligatoria (condominii con almeno nove condòmini) o facoltativa (quelli con numero di condòmini fino ad otto), né se l’amministratore sia nominato tra i condòmini dell’edificio o meno: una delle prime incombenze cui l’amministratore deve onorare è l’apertura – e nel caso di esistenza la voltura – del conto corrente condominiale.

Vediamo adesso come deve essere utilizzato il conto. Il settimo comma dell’art. 1129 testé citato impone all’amministratore e solo ad esso di versare sul conto corrente tutte le somme ricevute a qualunque titolo dai condòmini o da terzi (sempre inerenti la gestione condominiale, s’intende) sul conto corrente, nonché di lasciar traccia di quelle a qualsiasi titolo erogate.

Si tratti del versamento presso il suo studio di Tizio o di Caio, ovvero del pagamento di una bolletta o del versamento di una rata dei lavori di ristrutturazione all’impresa appaltatrice, non vi sono differenze: l’amministratore deve lasciare traccia di quel pagamento.

Attenzione: l’amministratore non deve obbligatoriamente effettuare il pagamento mediante disposizione di conto (salvo i casi in cui ciò è necessario, es. pagamenti ristrutturazioni al fine di fruire delle detrazione fiscali), ma fare in modo che resti una traccia dell’operazione. Così, ad esempio, se c’è da pagare una fattura di € 300,00, l’amministratore può pagarla in contanti, ma per farlo dovrà prelevare la somma dal conto corrente.

La norma pare non tenere conto del fatto che esistono i registri contabili per tracciare i flussi della cassa condominiale e che i continui versamenti sul conto da parte dell’amministratore possono rappresentare un’inutile intralcio alla normale gestione del condominio, specie per le piccole spese quotidiane (es. francobolli piccole bollette, ecc.). Probabilmente avrebbe avuto più senso imporre ai condòmini il versamento diretto sul conto corrente condominiale. I proprietari, invece, possono continuare a versare le somme presso lo studio dell’amministratore, pur sempre nel rispetto della soglia di legge (€ 3.000,00) oltre la quale è impedito l’uso del denaro contante.

Passiamo alle conseguenze inerenti alla mancata apertura ed utilizzazione del conto corrente condominiale.

Al riguardo la legge è chiara (art. 1129, undicesimo e dodicesimo comma, c.c.): l’amministratore che non apre ovvero che apre ma non utilizza (come appena detto) il conto corrente condominiale può essere revocato dall’Autorità Giudiziaria, previo tentativo di rimozione dall’incarico in sede assembleare. In tale ipotesi la richiesta per l’assemblea di revoca può essere avanzata anche da un solo condòmino.

Si badi: l’Autorità Giudiziaria non ha l’obbligo di decretare la revoca, in quanto la legge le riconosce la facoltà di disporre la fine del rapporto tra amministratore e condominio. Ergo: il ricorso deve essere comunque ben motivato e specificare i rischi cui la compagine sprovvista di conto (o con conto corrente non utilizzato) è andata incontro.

In ultima istanza, vediamo chi può ottenere copia della documentazione periodica rilasciata dalla banca. Sul punto, il secondo periodo del succitato settimo comma dell’art. 1129 c.c. specifica che «ciascun condomino, per il tramite dell’amministratore, può chiedere di prendere visione ed estrarre copia, a proprie spese, della rendicontazione periodica».

Come ha chiarito l’Arbitro Bancario Finanziario, la rendicontazione periodica, in prima istanza, può essere chiesta solamente per il tramite dell’amministratore, ma qualora questi non adempia, ciascun condòmino – dimostrando tale circostanza – la può ottenere direttamente dall’istituto di credito (ABF decisione n. 7960 del 16 settembre 2016).
di Alessandro Gallucci

Fonte: http://www.aduc.it