31 Ott Etichette alimentari e indicazione dell'origine: il punto normativo
La normativa europea entrata in vigore a Dicembre 2014 (Regolamento UE 1169/2011) prevede l’obbligo di fornire l’informazione (in etichetta e con altre modalità) sul Paese di origine o luogo di provenienza degli alimenti e i prodotti alimentari solo in alcuni casi.<br>Più precisamente l’obbligo vige solo nei casi in cui l’omissione dell’indicazione possa indurre in errore il consumatore in merito al Paese di origine o luogo di provenienza reali, in particolare se le informazioni nel loro insieme potrebbero altrimenti far pensare che l’alimento abbia un differente Paese o luogo di origine.
Per luogo di provenienza il Regolamento intende “qualunque luogo indicato come quello da cui proviene l’alimento”, che potrebbe non coincidere col Paese di origine che è quello dove il prodotto è integralmente ottenuto oppure quello in cui è avvenuta l’ultima trasformazione sostanziale (Regolamento CEE 2913/92).
Da notare che non impone l’indicazione del Paese di origine di tutti gli ingredienti, ma comunque precisa che l’informazione deve esser data se il Paese di origine dell’ingrediente primario fosse diverso da quello del prodotto finito, anche semplicemente indicando che sussiste tale diversità (non indicando il Paese specifico).
Questa la regola che vale in generale per tutti gli alimenti; tuttavia il Regolamento ha anche previsto, per alcune categorie di alimenti, percorsi valutativi in ambito europeo relativi all’introduzione dell’obbligo specifico di indicazione che sono in parte poi sfociati in provvedimenti dedicati (per esempio per alcuni tipi di carne, per il latte e i prodotti derivati e per i prodotti mono-ingrediente o con un ingrediente prevalente, come pasta e riso).
Esistono poi normative settoriali europee e/o nazionali -specifiche per prodotto o tipo di prodotto- che prevedono l’obbligo per alcune categorie.
In Ottobre 2017 è entrato in vigore, in ultimo, anche un decreto legislativo che rimanda al Regolamento e si occupa dell’indicazione dell’origine -solo per l’Italia- dei prodotti alimentari preimballati.
In questa scheda cerchiamo di dare un quadro completo.
LATTE E DERIVATI
Sul latte inteso come latte vaccino, bufalino, ovi-caprino, d’asina e di altra origine animale anche utilizzato come ingrediente nei prodotti lattiero-caseari (1) devono essere indicate informazioni sull’ORIGINE, nel seguente modo:
Informazioni poste sull’etichetta in modo indelebile, visibili e facilmente leggibili:
– “Paese di mungitura”: Paese dove è stato munto il latte;
– “Paese di condizionamento o di trasformazione”: Paese dove il latte è stato condizionato o trasformato.
Sul latte usato come ingrediente quando i due Paesi coincidono può anche essere utilizzata la dicitura “Origine del latte” col nome del Paese.
Se le attività di mungitura, condizionamento e trasformazione avvengono nel territorio di più paesi membri dell’UE possono essere utilizzate le diciture “latte di Paesi UE” e “latte condizionato o trasformato in Paesi UE”.
Se invece le attività avvengono in Paesi extra UE le diciture sono “latte di Paesi non UE” e “latte condizionato o trasformato in Paesi non UE”.
Le disposizioni sono già in pieno vigore e, precisiamo, NON si applicano ai prodotti fabbricati o commercializzati in un altro Stato membro dell’UE o in un Paese terzo (extra UE).
Le regole si applicano inoltre in via sperimentale fino al 31/3/2019.
Le segnalazioni inerenti il mancato rispetto delle regole possono essere fatte agli organi preposti, NAS (Carabinieri), ASL, Agenti del corpo forestale dello Stato, Guardia di Finanza, etc. Sono applicabili sanzioni variabili da 1.600 a 9.500 euro.
(1) prodotti lattiero-caseari: Latte e crema di latte, non concentrati né addizionati con zuccheri od altri edulcoranti; latte e crema di latte concentrati con aggiunta di zuccheri o di altri edulcoranti; latticello, latte e crema coagulata, yogurt, kefir ed altri tipi di latte e creme fermentante o acidificate, concentrate e addizionate di zucchero o di altri edulcoranti e/o aromatizzate con aggiunta di frutta o cacao; siero di latte, anche concentrato o addizionato con zucchero o altri edulcoranti; prodotti costituiti di componenti naturali del latte, anche addizionati di zucchero o di altri edulcoranti, non nominati né compresi altrove; burro e altre materie grasse provenienti dal latte; creme lattiere e spalmabili; formaggi, latticini e cagliate; latte sterilizzato a lunga conservazione; latte UHT a lunga conservazione.
Fonte: Decreti ministeriali del 9/12/2016, del 28/03/2017 e del 31/3/2017 e Linee guida del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali.
Un caso particolare: il latte fresco pastorizzato
Per il latte fresco pastorizzato vi è da tempo una normativa specifica che prevede l’indicazione dell’origine in etichetta. In termini generali devono essere indicati i riferimenti territoriali cui fanno capo gli allevamenti di origine.
Nello specifico il riferimento può essere fatto indicando:
Se si può dimostrare la provenienza fino agli allevamenti di origine:
– la zona di mungitura precisando il Comune, la Provincia, il Paese UE. In alternativa può essere indicata la Regione o il Paese UE oppure la parola ITALIA o il Paese UE. Nel caso di provenienza da più Paesi UE basta l’indicazione UE.
Se NON si può dimostrare la provenienza fino agli allevamenti di origine:
– la provenienza del latte precisando la provincia o il Paese UE; in alternativa si può indicare la Regione o il Paese UE oppure la parola ITALIA o il Paese UE. In caso di provenienza da più Paesi UE basta l’indicazione UE. In caso di provenienza sia da Paesi UE che da Paesi extra UE basta l’indicazione “paesi terzi”.
Fonte: D.M. 27/05/2004, modificato dal D.M. 14/01/2005.
RISO E PASTA
A partire da metà Febbraio 2018 le etichette delle paste alimentari di grano duro e del riso dovranno riportare, in modo indelebile, visibile e chiaramente leggibile, le seguenti informazioni:
Per la pasta:
– Paese di coltivazione del grano: Paese nel quale è stato coltivato il grano duro;
– Paese di molitura: Paese nel quale è stato macinato il grano duro ed ottenuta la semola.
Se le attività di coltivazione e/o molitura avvengono nel territorio di più paesi membri o in Paesi extra UE, per indicare il luogo della singola operazione può essere utilizzata la dicitura “UE”, “non UE”, “UE e non UE”.
Se il grano utilizzato è stato coltivato per almeno il 50% in un singolo Paese può essere utilizzata la dicitura “nome del Paese” nel quale è stato coltivato almeno il 50% del grano duro “e altri Paesi”: UE, non UE, oppure UE e non UE, a seconda dell’origine.
Per il riso:
– Paese di coltivazione del riso: Paese nel quale è stato coltivato il risone;
– Paese di lavorazione: Paese nel quale è stata effettuata la lavorazione e/o trasformazione del risone;
– Paese di confezionamento: Paese nel quale è stato confezionato il riso.
Se le suddette attività sono avvenute nello stesso Paese è sufficiente la dicitura “origine del riso: nome del Paese”.
Se invece le attività sono avvenute in più Paesi UE o extra UE possono essere utilizzate le diciture “UE” “non UE”, “UE e non UE” a seconda del caso.
Le suddette regole sono adottate in via sperimentale fino al 31/12/2020 e NON si applicano ai prodotti fabbricati o commercializzati in un altro Stato membro dell’UE o in un Paese terzo (extra UE).
I prodotti messi in commercio o etichettati fino a metà Febbraio 2018 potranno essere commercializzati fino all’esaurimento delle scorte.
In caso di violazione sono applicabili sanzioni variabili da 1.600 a 9.500 euro.
Fonte: Decreti ministeriali del 26/7/2017 (Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali).
CARNI
Per le carni la situazione rimane come due anni fa. E’ dall’Aprile 2015 infatti che solo per alcune carni -suina, ovina, caprina e di volatili (pollame)- fresche, refrigerate o congelate, in etichetta deve essere riportata l’origine con dettaglio di:
– Allevato in: indicazione del Paese di allevamento;
– Macellato in: indicazione del Paese di macellazione.
Per ogni specie viene fissato un periodo di allevamento, e se esso non è concluso in nessun Paese UE né in un Paese terzo, è sufficiente l’indicazione “Allevato in: vari Stati membri dell’UE” o, nel caso di importazione da Paesi terzi, “Allevati in: vari paesi extra UE” oppure ancora “Allevati in: vari Paesi dell’Ue e Paesi extra UE”.
Se viene dimostrato alle Autorità competenti che parte dell’allevamento è avvenuto in Stati UE o extra UE può essere inserita la dicitura “Allevato in: (elenco degli Stati membri o dei paesi terzi in cui l’animale è stato allevato)» .
Se gli animali sono nati, allevati e macellati in un unico Stato UE o extra UE la dicitura può essere: “Origine: (nome dello Stato membro o del paese terzo)”.
Nel caso di importazione da Paesi terzi (extra UE) sarà sufficiente l’indicazione “Allevato in: non UE” e “Macellato in: indicazione del Paese”
Per le carni macinate
– se prodotte esclusivamente da cani ottenute da animali nati, allevati e macellati in più Stati membri: «Origine: UE»;
– se prodotte esclusivamente da carni ottenute da animali allevati e macellati in più Stati membri: «Allevato e macellato in: UE»;
– se prodotte esclusivamente con carni importate dall’UE: «Allevato e macellato in: non UE»;
– se prodotte esclusivamente con carni ottenute da animali importati nell’UE come animali da macello e macellati in uno o più Stati membri: «Allevato in: non UE» e «Macellato in: UE»
– combinazione dei tre punti precedenti: «Allevato e macellato in: UE e non UE».
Per le carni bovine la regolamentazione è a parte (si veda la voce: ALTRI PRODOTTI).
Fonte: Regolamento UE 1337/2013.
PRODOTTI ALIMENTARI PREIMBALLATI
Dal 22/10/2017 -con sei mesi di tempo per smaltire le scorte presenti sul mercato- informazioni sull’origine dovranno essere riportate anche sugli imballaggi degli alimenti preimballati.
In realtà l’obbligo già vigeva secondo il D.lgs.109/1992 ma la disposizione è più precisa e sostituita da un nuovo decreto legislativo, il 145/2017.
La disposizione, è importante precisarlo, vale solo per i prodotti italiani e non per quelli fabbricati o commercializzati in altri paesi europei.
Nel dettaglio, sul preimballaggio o su un’etichetta ad esso apposta deve esserci l’indicazione della sede o stabilimento di produzione oppure, se diverso, di confezionamento.
Se l’alimento preimballato è destinato ad essere preparato, trasformato, frazionato o tagliato oppure commercializzato in una fase precedente alla vendita al consumatore finale, l’indicazione può essere riportata sui documenti commerciali, purché gli stessi accompagnino l’alimento oppure siano stati inviati prima o contemporaneamente alla consegna.
Per “sede dello stabilimento di produzione o di confezionamento” si intende la località con indirizzo, che può essere omesso solo se fosse sufficiente l’indicazione della località.
Località e indirizzo possono essere omessi se la sede è già contenuta nel marchio del prodotto, se coincide con quella di chi commercia il prodotto o lo importa (informazione già presente in etichetta) o se è presente il marchio di identificazione previsto dal regolamento (CE) n. 853/2004 (che già contiene i dati) o la bollatura sanitaria.
Si fa presente che gli alimenti preimballati sono alimenti venduti con l’imballaggio con cui sono stati confezionati, avvolti in esso interamente o in parte ma comunque in modo tale che il contenuto non possa essere alterato senza aprirlo o cambiarlo. Non sono compresi gli alimenti imballati nei luoghi di vendita su richiesta del consumatore.
In caso di violazione si applicano, a seconda dei casi, sanzioni che variano da 1.000 a 15.000 euro.
Fonte: D.lgs.145/2017.
ALTRI PRODOTTI
Per altri prodotti alimentari le normative europee già prevedono l’indicazione obbligatoria dell’origine in etichetta per tali categorie di prodotto:
– prodotti ortofrutticoli (Regolamento UE 543/2011): indicazione sulle fatture e i documenti di accompagnamento e al cliente finale in sede di vendita al minuto posta dal venditore accanto ai prodotti, in caratteri chiari e leggibili.
– carni bovine (Regolamento CE 1760/2000): indicazione dello Stato membro o Paese terzo di nascita, di ingrasso, di macellazione. Per gli animali nati, detenuti e macellati in uno stesso Stato membro oppure in un Paese terzo è sufficiente l’indicazione «Origine: (nome dello Stato membro o del Paese terzo). Per le carni macinate l’indicazione è «Preparato in [nome dello Stato membro o del paese terzo]» secondo il luogo in cui le carni sono state preparate e «Origine» nel caso in cui lo Stato o gli Stati in questione non siano quello in cui è avvenuta la preparazione. Per le carni importate nell’UE e per le quali non sono disponibili tutte le informazioni, l’indicazione è «Origine: non CE» e «Macellato in: [nome del Paese terzo]».
– olio di oliva (Regolamento CE 29/2012 e Legge 9/2013 modificata dalla Legge 161/2014): l’indicazione di un nome geografico va posta nel campo visivo anteriore del recipiente in un punto evidente in modo da essere visibile, chiaramente leggibile e indelebile. L’obbligo vale solo per l’olio extra vergine di oliva e per l’olio di oliva vergine (non per quelli composti con oli raffinati né per quelli di sansa). Nel caso di oli originari di uno Stato membro o di un Paese terzo è sufficiente un riferimento allo stesso; nel caso di miscele di oli originari di più Stati membri o Paesi terzi le diciture sono “miscela di oli di oliva originari dell’Unione europea” oppure un riferimento all’Unione, “miscela di oli di oliva non originari dell’Unione europea» oppure un riferimento all’origine esterna all’Unione, “miscela di oli di oliva originari dell’Unione europea e non originari dell’Unione” oppure un riferimento all’origine interna ed esterna all’Unione, oppure una denominazione di origine protetta o un’indicazione geografica protetta. La designazione dell’origine che indica uno Stato membro o l’Unione corrisponde alla zona geografica nella quale le olive sono state raccolte e in cui è situato il frantoio nel quale è stato estratto l’olio. Qualora le olive siano state raccolte in uno Stato membro o un paese terzo diverso da quello in cui è situato il frantoio nel quale è stato estratto l’olio, la designazione dell’origine reca la dicitura seguente: «Olio (extra) vergine di oliva ottenuto [nell’Unione o in (denominazione dello Stato membro interessato)] da olive raccolte (nell’Unione), in (denominazione dello Stato membro o del paese terzo interessato)».
– pesce e prodotti ittici in generale (Regolamento UE 1379/2013): nel caso di prodotti della pesca catturati in mare va indicata la zona anche eventualmente attraverso una carta o un pittogramma; per i prodotti catturati in acque dolci va indicato il “corpo idrico” (lago, bacino artificiale, torrente, fiume, canale, tratti di acque costiere, etc.) dello Stato membro o del Paese terzo di origine. Nel caso di prodotti dell’acquacoltura, vi deve essere la menzione dello Stato membro o del Paese terzo in cui il prodotto ha raggiunto oltre la metà del suo peso finale o è rimasto oltre la metà del periodo di allevamento (sei mesi per molluschi e crostacei).
– uova (Regolamento (CE) 589/2008, D.M. 11/12/2009): sulle uova deve essere stampato un codice del produttore che contiene anche l’indicazione dell’origine. Il primo carattere identifica la tipologia di allevamento (0 biologico, 1 all’aperto, 2 a terra, 3 in gabbia), i successivi due il Paese (IT Italia per esempio), poi il numero del comune la Provincia e il numero dell’allevamento. Costituiscono eccezione solo le uova vendute direttamente dal produttore al consumatore, presso il luogo di produzione, nei mercati locali, a domicilio, nel caso in cui l’allevamento abbia meno di 50 galline. Non occorre stampigliatura sulle uova ma comunque il nome del produttore deve essere indicato nel punto vendita oppure comunicato all’acquirente.
– miele (Direttiva 2001/110/CE, D.lgs.179/04): sull’etichetta devono essere indicati il Paese o i Paesi d’origine in cui il miele è stato raccolto.
– passata di pomodoro (Dm 17/2/2006): sull’etichetta deve essere indicata la zona di coltivazione del pomodoro fresco utilizzato. Si può indicare la zona effettiva di coltivazione del pomodoro fresco coincidente con la Regione oppure lo Stato ove il pomodoro fresco è stato coltivato.
Attenzione! Per i derivati del pomodoro -con almeno il 50%- come i pelati, i sughi, le conserve, i concentrati, è in arrivo un apposito decreto ministeriale che risulta già firmato il 21/10/2017.
di Rita Sabelli
Fonte: https://sosonline.aduc.it