30 Giu Fallimento – Valida la notifica all’indirizzo PEC erroneamente indicato dall’impresa
Tutti gli imprenditori, sia individuali che collettivi, iscritti nel Registro delle imprese tenuto dalla Camera di Commercio, hanno l’obbligo di dotarsi di un indirizzo Posta elettronica certificata (PEC) e di mantenerlo funzionante, avendo l’onere di assicurare la propria reperibilità. In caso contrario le conseguenze negative derivanti dal mancato rispetto di tali obblighi – configurandosi un caso di irreperibilità colpevole – ricadono sull’imprenditore stesso.
Pertanto, nel caso l’imprenditore abbia comunicato un indirizzo PEC errato alla Camera di Commercio, salvo provi l’assenza di proprie responsabilità, le notifiche effettuate si considerano corrette.
A stabilirlo è la Corte di Cassazione, Prima Sezione Civile, con la Ordinanza n. 16365 depositata il 21 giugno 2018.
Una SRL veniva dichiarata fallita dal Tribunale ed avverso tale provvedimento era stato proposto reclamo. La Corte di Appello revocava detta dichiarazione di fallimento sulla base del fatto che la notifica del decreto di convocazione per l’udienza prefallimentare, esperita dalla cancelleria del Tribunale, era stata indirizzata alla fallenda ad un indirizzo PEC errato, nonostante lo stesso risultasse dalla Camera di Commercio e dal registro INI-PEC.
Infatti si trattava di un indirizzo di posta certificata (che peraltro riportava l’esatta denominazione della fallenda società) che era in realtà stato attribuito ad altra impresa, anche se collegata con la SRL in fallimento. I Giudici hanno ritenuto che tale circostanza fosse irrilevante, dovendosi solo considerare che la notificazione risultava invalida in quanto di fatto non si era regolarmente costituito il contraddittorio con la parte da evocare in giudizio, anche perché nel rito fallimentare detto contraddittorio è imposto anche quando il debitore si sia reso volontariamente irreperibile.
La Corte ricorda che ogni imprenditore, individuale o collettivo, iscritto al registro delle imprese è tenuto a dotarsi di indirizzo di posta elettronica certificata, ex art. 16 del D.L. n. 185 del 2008, convertito dalla legge n. 2 del 2009, come novellata dalla legge n. 35 del 2012.
Per gli imprenditori individuali analogo obbligo è stato introdotto dall’art. 5 del D.L. n. 179 del 2012, convertito dalla legge n. 221 del 2012, e che tale indirizzo costituisce l’indirizzo “pubblico informatico” che i predetti hanno l’onere di attivare, tenere operativo e rinnovare nel tempo sin dalla fase di iscrizione nel registro delle imprese – e finanche per i dodici mesi successivi alla eventuale cancellazione da esso – “la cui responsabilità, sia nella fase di iscrizione che successivamente, grava sul legale rappresentante della società, non avendo a riguardo alcun compito di verifica l’Ufficio camerale“.
E’ noto, inoltre, ricorda ancora la Corte, che l’art. 15, comma 3, L.F., come sostituito dall’art. 17, comma 1, lettera a), del già menzionato D.L. n. 179 del 2012, convertito dalla legge n. 221 del 2012, stabilisce che il ricorso per la dichiarazione di fallimento ed il relativo decreto di convocazione devono essere notificati, a cura della cancelleria, all’indirizzo di posta elettronica certificata del debitore (risultante dal registro delle imprese o dall’indice nazionale degli indirizzi PEC delle imprese e dei professionisti).
Solo quando, per qualsiasi ragione, la notificazione via PEC non risulti possibile o non abbia esito positivo, la notifica andrà eseguita dall’Ufficiale Giudiziario.
Tale norma, ricorda la Corte, ha introdotto “uno speciale procedimento per la notificazione del ricorso di fallimento” – che fa gravare sull’imprenditore le conseguenze negative derivanti dal mancato rispetto dei già descritti obblighi di dotarsi di indirizzo PEC e di tenerlo operativo – intendendo così “codificare e rafforzare il principio secondo cui il tribunale, pur essendo tenuto a disporre la previa comparizione in camera di consiglio del debitore fallendo e ad effettuare, a tal fine, ogni ricerca per provvedere alla notificazione dell’avviso di convocazione, è esonerato dal compimento di ulteriori formalità allorché la situazione di irreperibilità di questi debba imputarsi alla sua stessa negligenza e/o ad una condotta non conforme agli obblighi di correttezza di un operatore economico“.
Alla stregua dei principi e della normativa fin qui riportati, è ragionevole affermare – scrive la Corte – che, nel caso in esame, la notifica si sia ritualmente perfezionata e che, al più, avrebbe potuto attribuirsi rilievo, non alla circostanza che l’indirizzo di posta elettronica certificata fosse stato attribuito ad altra società, ma esclusivamente al fatto che tale accadimento potesse ritenersi non imputabile all’imprenditore fallendo. L’indirizzo PEC che le società e gli imprenditori individuali debbono dichiarare alla Camera di Commercio equivale, infatti, ad un recapito sostanzialmente assimilabile alla sede legale di questi ultimi, e pertanto può affermarsi che, di regola, e salvo che venga fornita prova contraria, “il mancato funzionamento, per qualunque causa, dell’indirizzo PEC dichiarato dalla società ovvero dall’imprenditore individuale alla Camera di Commercio si ascrive tra le cosiddette irreperibilità “colpevoli” del destinatario sul quale incombe l’onere di comunicare un recapito informatico che lo renda effettivamente raggiungibile“.
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