Uso illecito del contratto di rete

Ispettorato Nazionale del Lavoro, circolare 29 marzo 2018 n. 7.<br>Con la circolare n. 7 del 29 marzo 2018 l’Ispettorato Nazionale del Lavoro prosegue nell’opera di sensibilizzazione delle proprie articolazioni periferiche, finalizzata a contrastare forme e tipologie contrattuali al limite della regolarità nei servizi, negli appalti e nella logistica. In particolare vengono evidenziati vantaggi di natura economica che si possono avere attraverso il contratto di rete, mettendo l’accento sia sul distacco che sulla codatorialità. Vantaggi che si concretizzerebbero:

a) nella mancata applicazione del CCNL in caso di socio lavoratore di cooperativa;
b) nell’utilizzo del personale in modo flessibile alla stregua della somministrazione;
c) nell’assenza di responsabilità legale e patrimoniale verso i dipendenti esternalizzati;
d) nel lavoro straordinario o festivo senza maggiorazioni.
Con questa nota l’INL fissa la propria attenzione su un uso fraudolento del contratto di rete previsto dall’art. 3, comma 4, del D.L. n. 5/2009, convertito, con modificazioni, nella legge n. 33.

Un contratto di rete lecito ha le seguenti caratteristiche.

Parti:
è un contratto stipulato da più imprenditori;
non c’è alcun limite dimensionale alle imprese: è necessario soltanto che le stesse siano iscritte nell’apposito registro presso le Camere di Commercio;

Causale:
attraverso il contratto di rete le parti “perseguono lo scopo di accrescere, individualmente e collettivamente, la propria capacità innovativa e la propria competitività sul mercato”;

Oggetto: le parti si obbligano, sulla base di un programma comune di rete all’interno del quale sono identificabili tre elementi come la collaborazione, lo scambio di informazioni o prestazione e l’esercizio comune di alcune attività rientranti nell’oggetto;

Pubblicità:
il contratto va annotato in ogni registro di impresa nel quale sono iscritte le aziende firmatarie del contratto.

Fondo patrimoniale:
è un elemento “non essenziale” e può essere costituito sia attraverso il conferimento dei beni che con l’apporto di un patrimonio destinato all’uso specifico;

Organo comune:
le imprese aderenti al contratto di rete possono individuare un soggetto “incaricato di gestire, in nome e per conto dei partecipanti, l’esecuzione del contratto o di singole parti o fasi dello stesso”.

La norma non si sofferma sulla composizione che, quindi, può essere di persone fisiche o giuridiche, può essere collegiale ma anche individuale e può prevedere la partecipazione anche di soggetti esterni alle imprese che hanno aderito al contratto.

A fronte di questo, l’INL richiama l’attenzione su un uso distorto dell’istituto del distacco ex art. 30, comma 4-ter del D.L.vo n. 276/2003 e della “codatorialità” introdotta con l’art. 7, comma 2, del D.L. n. 76/2013 convertito, con modificazioni, nella legge n. 99. Nel contratto di rete, infatti, il requisito specifico dell’interesse del distaccante che, unito alla temporaneità, lo legittima, “sorge automaticamente in forza dell’operare del contratto di rete”, cosa che fa venir meno qualunque indagine in tal senso degli organi di vigilanza, qualora lo stesso, sia stato registrato nelle forme previste dalla norma nel predetto Registro con le annotazioni di rito a fianco di ciascuna impresa.

Un analogo discorso va fatto per la codatorialità ove, l’art. 7, comma 2, afferma che per le imprese con contratto di rete la “codatorialità” dei dipendenti “ingaggiati va disciplinata in base alle regole stabilite nel contratto stesso. Quindi, si può parlare di lavoratori comuni tra gli aderenti alla rete soltanto se ciò è stato stabilito nel contratto, cosa che comporta la formale assunzione degli stessi da parte di una delle imprese, anche se cooperativa, con tutti gli adempimenti conseguenti (comunicazione di assunzione telematica, lettera di assunzione, registrazioni sul Libro Unico del Lavoro, ecc.). L’utilizzazione dei lavoratori “in rete” non supera, in alcun modo, il principio della responsabilità solidale ex art. 29, comma 2, del D.L.vo n. 276/2003 alla luce del principio generale richiamato dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 254 del 6 dicembre 2017 ove la Consulta ha affermato la piena applicabilità a fattispecie diverse da quella dell’appalto al fine di evitare il rischio che i meccanismi di decentramento e di dissociazione fra titolarità del contratto di lavoro e di utilizzazione della prestazione, vadano a danno dei lavoratori utilizzati nell’esecuzione del contratto commerciale.