25 Dic Antiriciclaggio: quanto costa l'assegno privo della clausola "non trasferibile"
<br>Il 26/10/2017 il sig. X saldava una parcella al dott. Y, per cure odontoiatriche, di 1.292,00 euro, a mezzo di assegno bancario non riportante la clausola di non trasferibilità (obbligatoria ai sensi dell’articolo 49 comma 5 del D.lgs. 231/2007 per assegni di importo superiore ai 1.000,00 euro), per scrupolo si sottolinea che il dott. Y ha emesso regolare parcella per le prestazioni di cui sopra, regolarmente annotata nei libri contabili; peraltro non avrebbe comunque potuto farne a meno, considerata la tracciabilità del pagamento.
Il 28/12/2017 al dott. Y viene notificato un avviso della Ragioneria Territoriale dello Stato di Torino con il quale si contesta “di aver acquisito in trasferimento la somma di euro 1.292,00” con assegno, privo della clausola di non trasferibilità e si invita ad eventualmente definire l’infrazione entro 60 giorni, con l’istituto dell’oblazione, cioè il doppio della sanzione minima, ai sensi della Legge cioè versando l’importo di euro 6.000,00 (seimila), ai sensi della Legge 689/1981.
Sino al 4 luglio 2017 (data di entrata in vigore delle modifiche apportate dal D.L. 90/2017 al D.lgs. 231/2007) la sanzione prevista per la violazione di cui sopra era fissata in un minimo dell’1% e sino ad un massimo del 40% dell’importo dell’assegno e, quindi, sino al 3 luglio 2017 si poteva usufruire dell’istituto dell’oblazione versando il 2% dell’importo dell’assegno “irregolare” (applicando il doppio del minimo ai sensi dell’articolo 16 della Legge 689/1981): se la violazione fosse stata commessa ante 4 luglio 2017 l’oblazione sarebbe quindi stata pari a 25,84 euro (2% dell’importo dell’assegno), cui sommare 5,00 di spese di notifica, con un importo complessivo da corrispondere di 30,84 euro.
Dal 4 luglio 2017, per effetto delle modifiche introdotte dal citato D.L. 90/2017 la sanzione nel caso di specie non è più stabilita in misura percentuale rispetto all’importo dell’assegno, ma in misura “fissa”, con un minimo di euro 3.000 (tremila) ed un massimo di euro 50.000 (cinquantamila), per cui l’importo dell’eventuale oblazione, ai sensi della citata legge 689/1981, è pari al doppio del minimo, appunto i 6.000,00 euro indicati nell’atto di contestazione della Ragioneria Territoriale dello Stato di Torino.
L’interrogativo quindi è quello se sia opportuno avvalersi dell’istituto dell’oblazione di cui alla citata legge 689/1981 (il cui importo ammonta a circa 5 volte l’importo dell’assegno) o se vi sia una qualche possibilità di “limitare il danno”, tanto più che la stessa sanzione sarà contestata al traente ed anche alla banca presso cui è stato presentato all’incasso l’assegno, essendo stata segnalata la fattispecie dalla banca trattaria.
Appunto per limitare il danno si reputa che l’unica via percorribile possa essere quella di presentare deduzioni difensive, entro 30 giorni dalla notifica dell’atto di contestazione, deduzioni nelle quali indicare che chi ha contravvenuto al divieto è il traente, che per disattenzione del personale di studio non è stato verificato che era stata omessa la clausola di intrasferibilità, che non è stato arrecato alcun danno o pregiudizio, che è stata regolarmente emessa parcella per le prestazioni relative all’assegno etc. etc., chiedendo che venga applicata la sanzione in misura minima (cioè i 3.000 euro) e che venga esaminata la possibilità ai sensi dell’art. 68 del D.lgs. 231/2007 che sia consentito definire il decreto di irrogazione della sanzione (che come ho prima indicato si chiede venga emesso nell’importo minimo di 3.000 euro) in misura ridotta, quindi con riduzione di un terzo della sanzione irrogata; se tutto ciò venisse accolto e stante il caso mi auguro venga accolto, si pagherebbero alla fine 2.000 euro (se, il condizionale è d’obbligo, venisse irrogata la sanzione di 3.000 euro e fosse concessa la riduzione di un terzo pari a 1.000 euro, la sanzione si ridurrebbe appunto a 2.000 euro); se ciò venisse accolto per tutte le parti (traente, beneficiario, cassiere della banca) alla fine a fronte di un assegno di 1.292,00 euro le sanzioni complessive di tutti i soggetti coinvolti ammonterebbero a 6 mila euro, cioè a circa 5 volte l’importo dell’assegno.
E’ evidente che l’impianto sanzionatorio del D.lgs. 231/2007 sia da riformulare.
Fonte: http://www.studiofranco.eu