La gestione fiscale e amministrativa dei buoni alimentari distribuiti dai Comuni

A seguito della grave emergenza sanitaria ed economica, molti enti locali hanno attivato misure a sostegno delle fasce più deboli.<br>Ma anche in tale contesto sono sorti dubbi di natura commerciale e fiscale.

L’Istituto IFEL (una Fondazione per la Finanza e l’Economia Locale istituita nel 2006 dall’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani – ANCI) ha pubblicato una interessante nota.
L’articolo 2, comma 4, dell’Ordinanza del Capo della Protezione civile n. 658/2020 stabilisce che ciascun Comune è autorizzato all’acquisizione, in deroga al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50:

di buoni spesa utilizzabili per l’acquisto di generi alimentari presso gli esercizi commerciali contenuti nell’elenco pubblicato da ciascun comune;
di generi e prodotti di prima necessità.

Le scelte applicative dei Comuni possono essere decise con ampia discrezionalità, in deroga alle norme del Codice degli appalti: dall’acquisto di strumenti tipo “buoni pasto” di ampia spendibilità locale, a convenzioni con esercizi commerciali, all’acquisto diretto di generi alimentari e relativa distribuzione.
Diversi Comuni, in prevalenza di medie e piccole dimensioni, si stanno orientando alla “emissione diretta” di documenti del tipo “buoni spesa”, spendibili presso gli esercizi commerciali di generi alimentari, resisi disponibili a questo tipo di collaborazione. Questa modalità, pur non espressamente prevista dall’Ordinanza, appare secondo l’IFEL certamente ammissibile e risponde alle istanze di celerità e flessibilità per l’utilizzo del contributo in particolare per quanto riguarda i Comuni di minori dimensioni.
Sotto il profilo strettamente fiscale, in caso di emissione “diretta” di buoni spesa, lo strumento si può configurare quale voucher multiuso ai sensi dell’articolo 6-quater del DPR n. 633 del 1972.
In questo caso, l’acquisto dei generi alimentari viene effettuato direttamente dal soggetto beneficiario e l’intervento del Comune si limita alla regolazione finanziaria dell’operazione, attraverso il pagamento previa presentazione, da parte dell’esercente, dei buoni trattenuti dal beneficiario, accompagnati dalle copie degli scontrini giustificativi dell’operazione.
Per i buoni multiuso, l’IVA si applica solo al momento del riscatto, ovvero, quando il buono viene consegnato al negoziante dal cittadino indigente beneficiario del buono, in luogo del pagamento in denaro.
Al momento della vendita il negoziante dovrà emettere lo scontrino elettronico/documento commerciale “non riscosso”. È opportuno che l’esercente effettui una doppia stampa dello scontrino, in modo da tenere agli atti copia di tutti gli scontrini riferiti ai buoni spesa del Comune.
Nel registro prima nota corrispettivi il commerciante dovrà evidenziare le vendite a credito riferite ai buoni spesa del Comune in una distinta colonna, in modo da avere un dettagliato riscontro.
La tipologia di documento fiscale che il negoziante dovrà poi emettere nei confronti del Comune per la riscossione del proprio credito deve essere verificata e concordata per ogni singolo Comune, in base a quanto deliberato dallo stesso.
Trattandosi di operazioni “fuori campo IVA”, la normativa prevede la NON obbligatorietà di emissione di fattura elettronica; ne consegue che il negoziante, se nulla osta da parte del Comune interessato, potrebbe emettere una nota di debito cartacea “fuori campo IVA art. 2 comma 3 lett.a)”, riportando nella stessa il dettaglio degli scontrini non riscossi a cui la stessa si riferisce, oppure il numero dei buoni spesa cartacei emessi dal Comune.
In caso contrario, il negoziante dovrà emetterà fattura elettronica PA (operazione fuori campo IVA art. 2 comma 3 lett.a) – codice N2); nel corpo della fattura dovrà dettagliare singolarmente gli scontrini a cui la fattura si riferisce.
IFEL, evidenzia ai Comuni l’opportunità di:

indicare espressamente sul buono che si tratta di un voucher multiuso, emesso secondo l’articolo 6-quater del Dpr 633/1972, al fine di attestare che la transazione avviene, sotto il profilo fiscale, tra l’esercente e il beneficiario del voucher/buono;
indicare sullo stesso buono le condizioni generali per il suo utilizzo, ad esempio il riferimento ai prezzi di vendita esposti, l’impossibilità di erogazione del resto, la durata del voucher (non più di 10 giorni, per evitare aumento rischi contraffazione), le condizioni di sostituibilità in caso di smarrimento, il termine per il pagamento da parte dell’ente.

Segnaliamo infine che l’ANAC (Autorità Nazionale AntiCorruzione) con la deliberazione n. 313 del 9 aprile 2020 avente ad oggetto la citata “Ordinanza della Protezione Civile n. 658” ha precisato che l’erogazione dei buoni spesa legata all’emergenza Coronavirus precisando che è esente dall’obbligo di acquisizione del CIG (codice identificativo di gara) generato dal sistema SIMOG dell’ANAC.
In particolare la delibera n. 313/2020 prevede che “I buoni spesa e gli acquisti diretti di generi alimentari e prodotti di prima necessità consentiti in base all’Ordinanza del Capo del Dipartimento della Protezione Civile n. 658 del 29 marzo 2020 sono assimilabili ai voucher sociali, sostanziandosi in modalità di erogazione sostitutive di contributi economici in favore di soggetti che versano in stato di bisogno. Per l’effetto, alle erogazioni dirette di tali contributi da parte della pubblica amministrazione non si applicano le disposizioni contenute nella determina n. 556 del 31/5/2017 sulla tracciabilità dei flussi finanziari”.
Nel caso in cui, invece, il Comune affidi a soggetti terzi il servizio di gestione del processo di acquisizione, erogazione monitoraggio e rendicontazione dei buoni spesa (ad es. acquistando i voucher sociali sul MEPA), si configura un appalto di servizi. Tale affidamento, in applicazione della citata Ordinanza, potrà avvenire in deroga al decreto legislativo n. 50 del 2016, ma resterà assoggettato all’obbligo di acquisizione di un CIG semplificato (smartCIG), ai fini della tracciabilità, rimanendo esonerato da ogni altro obbligo contributivo e informativo verso l’Autorità.